domenica 26 giugno 2011

L’OBBEDIENZA

Capitolo XI parte III

Soltanto la carità ci eleva alla perfezione; ma l’obbedienza, la povertà e la castità sono i tre grandi mezzi per acquistarla. L’obbedienza consacra il nostro cuore, la castità il nostro corpo, e la povertà i nostri beni all’amore e al servizio di Dio: sono i tre bracci della croce spirituale, che poggiano sul quarto che è l’umiltà.
Non intendo parlare di queste virtù in quanto oggetto di voto pubblico; riguarda soltanto i religiosi; e nemmeno in quanto oggetto di voto privato, perché il voto aggiunge sempre grazie e meriti a tutte le virtù. Tuttavia per portarci a perfezione non è necessario che siano oggetto di voto; l’importante è che siano vissute.
Quando sono legate al voto, soprattutto se pubblico, mettono l’uomo nello stato di perfezione; per metterlo invece semplicemente nella perfezione è sufficiente viverle. C’è molta differenza tra lo stato di perfezione e la perfezione: tutti i vescovi e i religiosi sono nello stato di perfezione, ma non per questo sono nella perfezione, il che si vede anche troppo!
Sforziamoci, Filotea, di mettere bene in pratica queste tre virtù, ciascuno secondo la propria vocazione; è vero che non ci mettono nello stato di perfezione, ma ci daranno l’autentica perfezione; tutti siamo obbligati a praticare queste tre virtù, anche se non tutti allo stesso modo.
Due sono i generi d’obbedienza: l’obbligatoria e la volontaria. In forza dell’obbligatoria devi obbedire umilmente ai tuoi superiori ecclesiastici, come il papa, il vescovo, il parroco e i loro rappresentanti; devi poi obbedire ai tuoi superiori civili, ossia il principe e i magistrati da lui preposti al governo del tuo paese; poi devi ubbidire anche ai tuoi superiori familiari, ossia tuo padre, tua madre, il padrone e la padrona. Questa obbedienza si chiama obbligatoria perché nessuno può dispensarsi dall’obbligo di ubbidire ai superiori sunnominati, perché è Dio che ha dato loro l’autorità di comandare e di governare, ognuno nei suoi limiti. Fa dunque quello che ti è comandato. E’ necessario. Ma per essere perfetto devi seguire i loro consigli e anche i loro desideri e le preferenze nella misura in cui te lo permettono la prudenza e la carità. Obbedisci quando ti ordinano una cosa gradevole, come mangiare, prendere un po’ di ricreazione; può anche sembrare che non ci sia grande virtù ad obbedire in queste cose. E’ certo che sarebbe un difetto grave disobbedire.
Obbedisci alle cose indifferenti, quali indossare un abito anziché un altro, passare per una strada anziché per un’altra, cantare o tacere; sarà un’obbedienza molto preziosa. Obbedisci nelle cose difficili, aspre e dure; quella sarà un’obbedienza perfetta.
Obbedisci poi con dolcezza, senza repliche; con prontezza, senza ritardi; con gioia, senza tristezza; soprattutto obbedisci con amore, per amore di colui che, per amor nostro, si è fatto obbediente fino alla morte in Croce, e che, come dice S. Bernardo, preferì rinunciare alla vita piuttosto che all’obbedienza.
Per imparare ad obbedire con facilità ai tuoi superiori, accondiscendi senza difficoltà alla volontà dei tuoi pari, cedendo al loro parere in ciò che non ha nulla di male, lasciando da parte un comportamento litigioso ed aspro; adattati volentieri ai desideri dei tuoi inferiori nei limiti del ragionevole, senza prendere atteggiamenti intransigenti d’autorità, almeno finché si comportano bene.
E’ falso credere che da religioso o da religiosa ci sarebbe più facile obbedire; sarebbe la stessa cosa. Se ora troviamo difficile ed arduo obbedire a coloro che Dio ci ha preposto, nulla cambierebbe mutando stato!
Chiamiamo obbedienza volontaria quella cui ci leghiamo per nostra scelta, e che non ci è imposta da alcuno. Abitualmente il principe e il vescovo non li scegliamo noi, né il padre, né la madre; qualche volta nemmeno il marito. Ma scegliamo invece il confessore e il direttore spirituale. Ora, sia che alla scelta si aggiunga il voto di obbedirgli, come fece S. Teresa che, oltre all’obbedienza solenne votata al superiore dell’Ordine, si era obbligata con voto semplice, ad obbedire al P. Graziano; o anche senza voto, si prometta obbedienza a qualcuno, questa rimarrà sempre un’obbedienza volontaria, perché è decisa dalla nostra volontà in base alla nostra scelta.
Bisogna ubbidire a tutti i superiori, a ciascuno nel campo che lo riguarda. Per ciò che riguarda lo Stato e la cosa pubblica, bisogna ubbidire alle autorità civili; per ciò che riguarda il campo religioso, ai vescovi; per le cose di casa, al padre, al marito, al padrone; per la guida personale dell’anima al confessore e al direttore.
Fatti indicare dal padre spirituale gli esercizi di pietà che devi praticare; riusciranno meglio ed avranno doppia grazia e doppio valore: la prima, per se stessi, perché sono pii esercizi; l’altra la ricevono dall’obbedienza che li ha prescritti e in virtù della quale sono compiuti. Gli obbedienti sono dei fortunati, perché il Signore non permetterà mai che si perdano.


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