Dal «Discorso tenuto il giorno della Trasfigurazione del
Signore» da Anastasio sinaita, vescovo
(Nn. 6-10; Mélanges d'archéologie et d'histoire, 67 [1955] 241-244)
Il mistero della sua Trasfigurazione Gesù lo manifestò ai
suoi discepoli sul monte Tabor. Egli aveva parlato loro del regno di Dio e
della sua seconda venuta nella gloria. Ma ciò forse non aveva avuto per loro
una sufficiente forza di persuasione. E allora il Signore, per rendere la loro
fede ferma e profonda e perché, attraverso i fatti presenti, arrivassero alla
certezza degli eventi futuri, volle mostrare il fulgore della sua divinità e
così offrire loro un'immagine prefigurativa del regno dei cieli. E proprio
perché la distanza di quelle realtà a venire non fosse motivo di una fede più
languida, li preavvertì dicendo: Vi sono alcuni fra i presenti che non morranno
finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nella gloria del Padre suo (cfr.
Mt 16, 28).
L'evangelista, per parte sua, allo scopo di provare che
Cristo poteva tutto ciò che voleva, aggiunse: «Sei giorni dopo, Gesù prese con
sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un
alto monte. E là fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il
sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè
ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17, 1-3).
Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco
il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò
che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo.
Per penetrare il contenuto intimo di questi ineffabili e
sacri misteri insieme con i discepoli scelti e illuminati da Cristo, ascoltiamo
Dio che con la sua misteriosa voce ci chiama a sé insistentemente dall'alto.
Portiamoci là sollecitamente. Anzi, oserei dire, andiamoci come Gesù, che ora
dal cielo si a nostra guida e battistrada. Con lui saremo circondati di quella
luce che solo l'occhio della fede può vedere. La nostra fisionomia spirituale
si trasformerà e si modellerà sulla sua. Come lui entreremo in una condizione
stabile di trasfigurazione, perché saremo partecipi della divina natura e
verremo preparati alla vita beata.
Corriamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama, entriamo nella
nube, diventiamo come Mosè ed Elia come Giacomo e Giovanni.
Come Pietro lasciamoci prendere totalmente dalla visione
della gloria divina. Lasciamoci trasfigurare da questa gloria divina. Lasciamoci
trasfigurare da questa gloriosa trasfigurazione, condurre via dalla terra e
trasportare fuori del mondo. Abbandoniamo la carne, abbandoniamo il mondo
creato e rivolgiamoci al Creatore, al quale Pietro in estasi e fuori di sé
disse: «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17, 4).
Realmente, o Pietro, è davvero «bello stare qui» con Gesù e
qui rimanervi per tutti i secoli. Che cosa vi è di più felice, di più prezioso,
di più santo che stare con Dio, conformarsi a lui, trovarsi nella sua luce?
Certo ciascuno di noi sente di avere con sé Dio e di essere
trasfigurato nella sua immagine. Allora esclami pure con gioia: «E' bello per
noi restare qui», dove tutte le cose sono splendore, gioia, beatitudine e
giubilo. Restare qui dove l'anima rimane immersa nella pace, nella serenità e
nelle edilizie; qui dove Cristo mostra il suo volto, qui dove egli abita col
Padre. Ecco che gli entra nel luogo dove ci troviamo e dice: «Oggi la salvezza
è entrata in questa casa» (Lc 19, 9). Qui si trovano ammassati tutti i tesori
eterni. Qui si vedono raffigurate come in uno specchio le immagini delle
primizie e della realtà dei secoli futuri.
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