Ove vengono spiegati i tre versi della strofa.
Questo incendio d'amore, di solito, non si sente agli inizi, perché non è ancora cominciato a causa dell'impurità della natura, oppure perché l'anima, non comprendendolo, non lo accoglie in sé pacificamente. A volte, invece, con o senza questi ostacoli, l'anima comincia a provare improvvisamente un certo desiderio di Dio pieno si spasimo; quanto più questo desiderio aumenta, tanto più l'anima si sente trasportata verso Dio e infiammata d'amore per lui, senza sapere né comprendere né come né donde le vengano quest'amore e quest'affetto. A volte sente solo crescere in sé tanto questa fiamma e quest'incendio da desiderare Dio con un amore pieno di spasimo. Ciò è appunto quanto Davide, che pure attraversò questa notte, riferisce di sé nei seguenti termini: Il mio cuore era infiammato, nell'amore della contemplazione, i miei reni erano alterati (Sal 72,21-22 Volg.), cioè i miei gusti e i miei affetti sensibili sono stati trasformati, sono passati dalla vita sensitiva a quella spirituale, attraverso l'aridità e la rinuncia a tutti i gusti, di cui sto parlando. E io, aggiunge Davide, ero ridotto un niente e non capivo (ibid.); perché l'anima, senza sapere dove va, si vede annientata in tutte le cose di lassù e di quaggiù, ove era solita trovare le sue consolazioni. Essa constata soltanto di essere infiammata d'amore, senza sapere come né perché si sia prodotto tale cambiamento. E poiché a volte l'incendio d'amore assume proporzioni inverosimili, gli spasimi per Dio si fanno talmente intensi nell'anima da sembrare che questa sete ardente inaridisca tutte le ossa, indebolisca la natura, tolga all'anima il suo calore e la sua forza per l'acutezza della sete d'amore che l'anima sente tanto potentemente. Tale è la sete che Davide provava; dice infatti: L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente (Sal 41,3). È come se dicesse: la sete della mia anima è molto ardente. Questa sete, essendo vivissima, si può ben dire che fa morire. Ma dobbiamo ricordare che la veemenza di questa sete non è continua, bensì intermittente, anche se l'anima abitualmente prova sempre un po' dei suoi ardori.
Occorre ricordare, come ho già detto in apertura, che ordinariamente quest'amore non si avverte all'inizio. Al contrario, l'anima prova l'aridità e il vuoto di cui sto parlando. E allora, invece di quest'amore, che pure va accendendosi e che l'anima consegue in mezzo alle aridità e al vuoto delle sue potenze, c'è una costante attenzione e sollecitudine di piacere a Dio, mista al dolore e al timore di non servirlo abbastanza. Ora, è sacrificio non poco gradito a Dio vedere un cuore affranto e sollecito per l'amor suo (Sal 50,19). Questa sollecitudine e attenzione si sviluppano nell'anima in seguito alla segreta contemplazione, finché, con il tempo, accendono nello spirito quest'amore divino, dopo che sono stati alquanto purificati i sensi, cioè le forze e gli affetti naturali della parte sensitiva, per mezzo dell'aridità che si viene a produrre. Ma nel frattempo l'anima assomiglia al malato che è tenuto sotto cura: tutto è sofferenza in quest'oscura e arida purificazione dei sensi, per guarire da molte imperfezioni, esercitarsi nella pratica delle virtù ed essere, così, degni dell'amore divino, come si dice nel verso seguente: oh, sorte fortunata!
In un primo momento Dio introduce l'anima nella notte dei sensi al fine di purificare i sensi della parte inferiore, adattarli, assoggettarli e unirli allo spirito, immergendoli nelle tenebre e mettendo fine ai loro ragionamenti. In seguito poi, per purificare lo spirito e unirlo a sé, come dirò più avanti, Dio lo introduce nella notte spirituale. In questo modo l'anima, anche se non le sembra, ottiene così tanti vantaggi che ritiene sorte fortunata essere sfuggita ai lacci e alla presa dei sensi della parte inferiore attraverso questa notte, come recita il verso presente, oh, sorte fortunata! Al riguardo occorre sottolineare i vantaggi che l'anima ottiene in questa notte e a causa dei quali stima sorte fortunata l'averla attraversata. Ora, tutti questi vantaggi si trovano racchiusi nel verso seguente: uscii, né fui notata.
Uscii qui si riferisce all'anima che si libera dall'asservimento in cui la teneva la parte sensitiva, costringendola a cercare Dio attraverso mezzi così deboli, limitati e pericolosi come quelli della parte inferiore. Ad ogni passo, infatti, cadeva in mille imperfezioni o ignoranze, come si è notato sopra parlando dei sette vizi capitali. Ma essa se ne libera, quando questa notte spegne tutte le soddisfazioni spirituali e terrene, immerge nelle tenebre tutti i suoi ragionamenti e le procura molti altri beni, arricchendola di virtù, come dirò subito. Sarà piacevole e molto consolante, per chi cammina su questa strada, constatare che ciò che sembrava all'anima così duro, amaro e contrario ai suoi gusti spirituali, sia divenuto la sorgente di tanti beni. Ora, torno a ripetere, l'anima ottiene questi beni quando, con il favore della notte, si allontana effettivamente ed effettivamente da tutte le cose create e si eleva verso i beni eterni. Ciò costituisce una felice e fortunata sorte per l'anima: prima di tutto perché è una grande vittoria aver spento le passione e gli affetti che la inclinavano alle cose create; in secondo luogo, perché sono pochissimi coloro che soffrono e perseverano nel passare per questa porta stretta e seguire la via angusta che conduce alla vita (Mt 7,14), come dice il Signore. La porta stretta è la notte dei sensi, dei quali l'anima si spoglia e si libera per entrare in essa, appoggiandosi alla fede, che è estranea a ogni senso, per poi percorrere la via angusta, o l'altra notte, che è quella dello spirito. Successivamente, attraverso questa seconda notte, l'anima avanza verso Dio, sostenuta solo dalla fede, che è il mezzo con cui si unisce a Dio. Poiché questo cammino è molto stretto, oscuro e terribile -- non c'è paragone tra questa notte dei sensi e l'oscurità e le angosce della seconda, come dirò a suo tempo -- sono molto pochi quelli che lo percorrono, ma i suoi vantaggi sono incomparabilmente superiori a quelli della prima notte. Comincio dunque a parlare dei vantaggi della notte dei sensi, il più brevemente possibile, per poi passare alla notte dello spirito.
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