Dai «Trattati su Giovanni» (Tratt. 124, 5, 7; CCL 36, 685-687)
La Chiesa conosce due vite che le sono state divinamente predicate ed affidate: una è nella fede l'altra nella visione; una nel tempo del pellegrinaggio, l'altra nell'eternità della dimora; una nella fatica, l'altra nel riposo; una lungo la via, l'altra nella patria; una nell'attività, l'altra nel premio della contemplazione.
La prima vita è stata rappresentata dall'apostolo Pietro, la seconda da Giovanni. La vita terrena si svolge sino alla fine di questo mondo e trova la sua conclusione nell'aldilà; la vita celeste, nella sua fase perfetta, verrà dopo la fine di questo mondo, ma nell'eternità non avrà termine. Perciò il Signore dice a Pietro: «Seguimi» (Gv 21, 19); mentre di Giovanni dice: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi» (Gv 21, 22).
Il significato della risposta di Gesù è il seguente: Tu seguimi nel tollerare i mali temporali. Lui rimanga in attesa fino a quando non ritornerò per concedere i beni eterni. O più chiaramente: Mi segua l'opera che, sul modello della mia passione, è già terminata. Rimanga in attesa, fino a quando non verrò a renderla totale, la contemplazione appena iniziata. Effettivamente chi accetta tutto santamente perseverando fino alla morte, segue Cristo. Invece la conoscenza di Cristo, prima di arrivare al suo culmine, deve attendere la sua venuta. Si tratta di due aspetti connessi con le due fasi dell'esistenza terrena e celeste del cristiano. Nella prima si sopportano i mali di questo mondo propri della terra dei morenti, nella seconda si vedranno i beni del Signore caratteristici della terra dei viventi.
Ciò che il Signore dice: «Voglio che rimanga finché io venga» (Gv 21, 23), non significa fermarsi, arrestarsi, ma rimanere in attesa, perché la condizione significata da Giovanni non raggiungerà la sua pienezza adesso, bensì alla venuta di Cristo. Quello poi che è significato da Pietro, che ha ricevuto l'invito: «Tu seguimi» (Gv 21, 22), è qualcosa che va compiuto ora, altrimenti non si arriverà a ciò che si attende. Tuttavia nessuno osi dissociare questi due grandi apostoli. Tutti e due facevano ciò che significava Pietro. Tutti e due avrebbero conseguito quanto significava Giovanni. Sul piano del simbolo, Pietro seguiva Giovanni restava in attesa. Sul piano della fede vissuta, tutti e due sopportavano le sofferenze presenti di questo misero mondo, tutti e due attendevano i beni futuri della beatitudine eterna.
E questo atteggiamento lo riproducono non solo essi, ma tutta la Chiesa, Sposa di Cristo, tutta tesa da una parte a superare le prove di questo mondo e dall'altra a possedere la felicità della vita futura. Due vite dunque simboleggiate dai due apostoli Pietro e Giovanni, ognuno dei quali significa un tipo solo di vita, anche se tutti e due vissero la vita temporale nella fede e tutti e due avrebbero goduto l'altra vita nella visione.
Pietro, primo degli apostoli, ha ricevuto le chiavi del Regno dei cieli. Con esse lega e scioglie i peccati di tutti i santi, congiunti inseparabilmente al corpo di Cristo (cfr. MT 16, 19), ed indica ai fedeli la giusta rotta da seguire in questa vita agitata da tutte le tempeste. Invece Giovanni, l'evangelista, posò il capo sul petto di Cristo. Il gesto fa pensare al riposo dei santi, al riposo, che troveranno in quel seno pienamente riparato dai flutti e segreto, che è la vita beata.
Però non solo Pietro lega e scioglie i peccati, ma tutta la Chiesa. Non solo Giovanni ha attinto dalla sorgente che era Cristo. Non solo lui gode del Verbo - che era in principio, Dio presso Dio - e di tutte le prerogative divine del Cristo. Non solo lui contempla tutte quelle realtà sublimi che si riferiscono alla Trinità divina e all'unità delle tre divine Persone. Non è solo lui il privilegiato che si sazia di quelle cose che si contemplano faccia a faccia nel regno celeste, dopo essere state viste come in uno specchio e in maniera confusa in questa terra (cfr. 1 Cor 13, 12). Non è solo lui che attinge tutti questi tesori dal petto di Cristo, ma a tutti è aperta dal Signore stesso la fonte del Vangelo, perché tutti in tutta la terra bevano, ognuno secondo la propria capacità.
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