Dalle «Lettere» di Sulpicio Severo
(Lett. 3,6.9-10.11.14-17. 21; SC 133,336-343)
Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte.
Avvertì quindi i fratelli che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel
frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di
Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d'accordo tra loro e Martino,
ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la
pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava
infatti che se fosse riuscito a rimettere l'armonia in quella chiesa avrebbe
degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene.
Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o
chiesa dove si era recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già
pensava di far ritorno al monastero, sentì improvvisamente che le forze del
corpo lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte
ormai imminente. Tutti si rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime,
come se fosse uno solo a parlare, dicevano: «Perché, o Padre, ci abbandoni? A
chi ci lasci, desolati come siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi
ci difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu
desideri di essere con Cristo; ma il tuo premio è al sicuro. Se sarà rimandato
non diminuirà. Muoviti piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù».
Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di
Dio, si muoveva sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e,
rivolgendosi al Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore,
se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua
volontà.
O uomo grande oltre ogni dire, invitto nella fatica,
invincibile di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe
paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto sempre rivolto con gli
occhi e con le mani al cielo, non rallentava l'intensità della sua preghiera. I
sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il
suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate
che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito, che sta
per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino. Detto questo si accorse
che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: Che fai qui, bestia
sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi
accoglie.
Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio.
Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e
umile entra ricco in paradiso.
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