Certamente il Signore concede gioia al suo cuore: non sarà
nella tristezza, non sarà tormentato dall`ansia, assorbito com`è della letizia
e dal piacere presente. Ma è meglio, secondo l`Apostolo, scorgere il bene da
godere non tanto nel cibo e nella bevanda materiale, ma nel nutrimento dello
spirito concesso da Dio. C`è un bene nelle fatiche proprio perché solo
attraverso fatiche e sforzi possiamo arrivare alla contemplazione dei veri
beni. Ed è proprio ciò che dobbiamo fare: rallegrarci nelle nostre occupazioni
ed attività. Quantunque però questo sia un bene, tuttavia "fino a che
Cristo nostra vita non si sarà manifestato" (cfr. Col 3, 4) non è ancora
il bene completo.
Deve ritenersi veramente saggio colui che, istruito nelle
divine Scritture, ha tutta la sua fatica sulle sue labbra e la sua brama non è
mai sazia (cfr. Qo 6, 7), dal momento che sempre desidera di imparare. In
questo il savio si trova in condizione migliore dello stolto (cfr. Qo 6, 8),
perché, sentendosi povero (quel povero che è proclamato beato dal vangelo), si
affretta ad abbracciare ciò che riguarda la vera vita, cammina sulla strada
stretta e angusta che conduce alla vita ed è povero di opere malvagie, e sa
dove risiede Cristo, che è la vita.
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