Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai
nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto
(cfr. Sal 29, 11). Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso
potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e
sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende
dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era
solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare
ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato.
Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia
sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce
superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era
perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce.
O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio
Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto
perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in
grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo
potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano
come in una terra straniera, dove mi pareve di udire la tua voce dall'alto che
diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me
in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me».
Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la
trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomni, l'Uomo
Cristo Gesù» (1 Tm 2, 5), «che é sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Rm
9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,
6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché
«il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14).
Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni
cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini. Tardi ti ho amato,
bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi
dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle
cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano
da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai
chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai
folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo
profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e
sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo
Nessun commento:
Posta un commento