Mio caro fratello, non ho potuto inviarti subito un mio scritto perché nessuno dei chierici di questa chiesa poteva muoversi, trovandosi tutti sotto la bufera della persecuzione, che però, grazie a Dio, li ha trovati interiormente dispostissimi a passare subito al cielo.Ti comunico ora le notizie in mio possesso. Sono ritornati i messi che io avevo spedito a Roma perché appurassero e riferissero la decisione presa dalle autorità a mio riguardo, di qualsiasi genere essa potesse essere e metter fine, così, a tutte le illazioni e ipotesi incontrollate che circolavano. Ed ecco ora qual è la verità debitamente accertata. L'imperatore Valeriano ha spedito al senato il suo rescritto col quale ha deciso che vescovi, sacerdoti e diaconi siano subito messi a morte. I senatori, i notabili e quelli che hanno il titolo di cavalieri romani siano privati di ogni dignità ed anche dei beni. Se poi, anche in seguito alla confisca, dovessero irrigidirsi nella professione cristiana, devono essere condannati alla pena capitale. Le matrone cristiane subiscano la confisca di tutti i beni e poi
siano mandate in esilio. A tutti i funzionari imperiali, che hanno già confessato la fede cristiana o dovessero confessarla al presente, siano parimenti confiscati tutti i beni. Siano poi arrestati e immatricolati fra gli addetti ai possedimenti imperiali. Al rescritto Valeriano aggiunse anche copia di una sua lettera inviata ai governatori delle province e che riguarda la mia persona. Di questa lettera sono in attesa di giorno in giorno, anzi l'affretto con la speranza, saldo e forte nella fede. La mia decisione di fronte al martirio è netta. Lo attendo, pieno di fiducia, come sono, di ricevere la corona della vita eterna dalla bontà e generosità di Dio. Vi comunico che Sisto ha subìto il martirio con quattro diaconi il 6 agosto, mentre si trovava nella zona del cimitero. Le autorità di Roma hanno come norma che quanti vengono denunciati quali cristiani debbano essere giustiziati e subire la confisca dei beni a beneficio dell'erario imperiale. Chiedo che quanto ho riferito sia portato a conoscenza anche degli altri nostri colleghi nell'episcopato, perché dalle loro esortazioni la nostra comunità possa venir incoraggiata e predisposta sempre meglio al combattimento spirituale. Ciò sarà di stimolo a considerare più il bene dell'immortalità che la morte, e a consacrarsi al Signore con fede ardente e fortezza eroica, a godere più che temere al pensiero di dover confessare la propria fede. I soldati di Dio e di Cristo sanno benissimo che la loro immolazione non è tanto una morte, quanto una
corona di gloria. A te, fratello carissimo, il mio saluto nel Signore.
Dalle " Lettere " di san Cipriano, vescovo e martire
(Lett. 80; CSEL 3,839-840)
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