Io non ho mai
amato molto Signore, questa sagra
festaiola del capodanno che assume spesso toni sbracati e goffi, però con
qualche punta di poetica inventiva come quando, in certe zone d’Italia , si
gettano dalla finestra i cocci vecchi, quasi
a significare la fine delle stanchezze e delle usure e celebrare
l’inizio della novità.
Ecco, Signore,
ciò che può dirci una festa in se stessa banale perché in qualche modo,
artificiosa. Cosa infatti si celebra?
La fine di una
ellisse astronomica che non finisce e non comincia, non ha punti privilegiati,
stacchi, angoli o spigoli come altre figure geometriche . Un ellisse, come un
cerchio, è una linea continua che mal si presta alle scansioni .
Ogni punto è
uguale all’altro, in un flusso continuo e senza onde; ogni giorno è il primo
giorno e l’ultimo; ogni giorno è San Silvestro e ogni giorno e capodanno. Ciò
nonostante noi di scansioni abiamo pur bisogno; non abbiam fiato sufficiente
per correre senza fermarci mai.
E’ una fine e un
inizio, è una sorta di sosta psicologica.
Anche se
artificiosi non importa: rispondono a una nostra necessità reale che si fa pura
utilità burocratica e scandisce il gran giro continuo con una ricorrenza che,
pur nella sua banalità,finisce per esserci cara.
Ma se dovessi,
al di là della psicologia e della burocrazia, darle un senso profondo la
chimaerei, Signore, la festa degli inizi. E allora, in questo senso, è una gran
festa perché dice la novità perenne della vita che mai si consuma e ripete ma
fluisce continua come un’ellisse , come un gran fiume con acque sempre nuove. E noi ci tuffiamo in questo corso
ricordando, almeno a capodanno, che tutto è nuovo, anche ciò che par vecchio
perché l’abbiam vissuto tante volte; ma ogni volta era nuovo, come la prima e l’unica.
Ebbene, Signore
in questa festa noi ti chiediamo questo dono: di essere noi pure nuovi per
vivere questa perenne novità.
·
Scrostaci,
o Dio, la triste polvere dell’abitudine, della stanchezza, del disincanto;
·
dacci
la gioia di svegliarci, ogni mattino, unico e diverso da ogni altro. Con mani
nuove per toccare le cose e riceverne
quasi l’impronta sulla carne.Con curiosità perenne, con stupore incontaminato.
·
Facci
svegliare di primo mattino dicendo: “ Che gioia, Signore, ho avuto un nuovo
giorno da vivere” e coricare la sera pensando: “ Ho davanti una notte, tutta
compatta e silenziosa, per concentrarmi
e pregare e anche dormire; questo arrenderci dolce in una fossa che è il
preludio dell’alacre risveglio e della rinascita nel domani”.
·
Distruggi
in noi la stanchezza del ripetuto nella coscienza dell’inedito in cui siamo
perennemente immersi.
·
Fammi
capire che non ripeto mai nulla ma che ricreo, di volta in volta, pure nei
gesti infimi, qualche cosa di nuovo e irripetibile che non potrò più replicare:
un’occasione unica da cogliere o da perdere. E se la colgo vi resterà per
sempre: inscritta nella mia storia e nella mia eternità. E se la perdo non la
ritroverò mai più quell’occasione persa
e irrecuperabile. Ne troverò certo altre, perché il tuo amore è senza fine; ma
quella ormai non più.
Tutto
è nuovo, Signore, e niente è ripetuto, niente vecchio: solo noi siamo vecchi se
non ci accorgiamo della novità e ci adagiamo sulle cose pensando che siano
“sempre quelle”, mentre non sono mai “quelle”. Sono altre, uscite nuove, la
prima volta, dal tuo amore e cadute, la prima volta, nelle nostre mani. Fa , o
Signore, che ne riconosciamo la novità e le viviamo nell’entusiasmo e nella
creazione.
Che
questo giorno festaiolo, banalizzato dai troppi panettoni, sia il richiamo alla
perenne novità.
Domani,
due gennaio, è un altro capodanno: la terra prosegue nel suo giro inesausto che
abbiamo interrotto, in maniera fittizia, noi che siam fatti di scadenze e
abbiamo il fiato corto.
Questa
sorta di innocente finzione ci serva almeno per celebrare la grande festa degli
inizi, per stare, Signore, davanti alla tua faccia sempre nuova senza soste e
stanchezze, rapiti e stupiti come nel primo giorno.
Adriana
Zarri
Tratto
da quasi una preghiera.
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