Rispose loro:
"Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha del cibo faccia altrettanto" (Lc 3,11).
Per il fatto che la tunica ci è piú necessaria del mantello dobbiamo dire che per produrre un frutto degno di penitenza non basta dividere con i poveri soltanto cose esterne e non necessarie, ma anche quelle cose che son molto necessarie, come il cibo, che ci serve a vivere, e la tunica che ci riveste. Poiché infatti, nella Legge sta scritto:
"Amerai ii tuo prossimo come te stesso" (Lv 19,18),
si capisce che non ama abbastanza il suo prossimo colui che, nel bisogno, non divide con lui anche le cose necessarie. Quanto alla divisione delle tuniche, si parla di due, perché, se ne hai una sola e la dividi in due, finisci per restar nudo tu e colui che riceve l`altra metà.
Bisogna sottolineare tuttavia quanto grande sia il valore delle opere di misericordia, se queste sono le prime comandate per produrre frutti degni di penitenza.
E la Verità stessa dice:
"Fate elemosina, e tutto è puro per voi" (Lc 11,41).
E ancora:
"Date e vi sarà dato" (Lc 6,38).
Perciò è stato scritto: "L`acqua spegne il fuoco ardente e l`elemosina resiste ai peccati" (Sir 3,29). E di nuovo: "Nascondi l`elemosina nel seno del povero e questa intercederà per te" (Sir 29,15)...
Per mostrare poi quanta virtù ci sia nell`accogliere i poveri, il nostro Redentore dice:
"Chi riceve un profeta, perché profeta, riceverà la mercede del profeta e chi accoglie un giusto, perché giusto, riceverà la mercede del giusto" (Mt 10,41). In queste parole bisogna osservare che non dice: mercede per il profeta, o per il giusto, ma proprio mercede del profeta e mercede del giusto, perché colui che mantiene un profeta, sebbene non abbia lui la profezia, avrà tuttavia dall`Onnipotente il premio della profezia. Il giusto poi, quanto meno possiede in questo mondo, tanta più audacia ha di parlare per la giustizia; e colui che, avendo qualche cosa in questo mondo, sostiene il giusto, sebbene non osi forse parlare liberamente per la giustizia, si rende socio della giustizia del giusto, tanto da ricevere insieme con lui il premio della giustizia. Il profeta è pieno di spirito di profezia, manca però di alimento corporale; e se il corpo non è sostenuto, la voce viene a mancare.
Chi dunque alimenta il profeta, gli dà la forza per alimentarne la profezia, e davanti agli occhi di Dio, pur non avendo lui lo spirito di profezia, ne riceverà la mercede, perché è come se avesse dato lui ciò che ha contribuito ad annunziare.
Perciò Giovanni dice:
"Sono partiti per il servizia del Signore, senza accettare nulla dai pagani.
Pertanto abbiamo l`obbligo di sostenerli, cosí saremo anche noi collaboratori della verità" (3Gv 7-8).
Infatti chi dà un aiuto temporale a chi ha un carisma spirituale, diventa partecipe del carisma spirituale.
Poiché son pochi quelli che hanno carismi spirituali e molti, invece, quelli che abbondano di cose temporali, questi però mettono se stessi a parte delle virtù del profeta povero proprio con quell`atto che fa delle loro ricchezze un mezzo di sollievo per il profeta...
Poiché però Giovanni ci richiama a grandi opere con le parole:
"Fate frutti degni di penitenza" (Mt 3,8), e ancora:
"Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha del cibo faccia altrettanto" (Lc 3,11), si può ormai capire che cosa voglia dire la Verità, quando dice: "Dai giorni del Battista a oggi il regno dei cieli è esposto alla violenza, e i violenti lo conquistano" (Mt 11,12).
E queste parole di divina sapienza devono essere studiate. Come può subir violenza il regno dei cieli?
Chi può farla questa violenza?
E se il regno dei cieli può essere esposto alla violenza, perché lo è solo dal tempo del Battista e non da prima?
Ma poiché la Legge dice:
Chi ha fatto questo o quello, morrà, il lettore capisce che la Legge può colpire chiunque con la sua severità, ma non risuscita nessuno attraverso la penitenza.
Poiché però Giovanni Battista, precorrendo la grazia del Redentore, predica la penitenza, perché il peccatore, morto per la colpa, riviva attraverso la conversione, si capisce perché il regno dei cieli sia esposto alla violenza solo a partire da Giovanni Battista.
Che cosa è poi il regno dei cieli se non la dimora dei giusti? Solo i giusti hanno diritto al premio eterno; sono i miti, gli umili, i casti, i misericordiosi che entrano nella gioia celeste. Sicché quando un superbo, un dissoluto, un iracondo, un empio o crudele fa penitenza e riceve la vita eterna, è come se un peccatore entrasse in casa altrui.
Dal tempo del Battista il regno dei cieli è esposto alla violenza e i violenti lo conquistano, perché colui che chiamò i peccatori a penitenza, che altro fece se non insegnare a forzare il regno dei cieli?
Hom., 20, 11
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