Fà che le nostre labbra
rechino il profumo del silenzio
Santa Maria, donna senza retorica, prega per noi inguaribilmente malati di magniloquenza.
Abili nell'usare la parola per nascondere i pensieri più che per rivelarli, abbiamo perso il gusto della semplicità.
Convinti che per affermarsi nella vita bisogna saper parlare anche quando non si ha nulla da dire, siamo diventati prolissi e incontinenti.
Esperti nel tessere ragnatele di vocaboli sui crateri del "non senso", precipitiamo spesso nelle trappole nere dell'assurdo come mosche nel calamaio.
Incapaci di andare alla sostanza delle cose, ci siamo creati un'anima barocca che adopera i vocaboli come fossero stucchi, e aggiriamo i problemi con le volute delle nostre furbizie letterarie.
Santa Maria, donna senza retorica, prega per noi peccatori, sulle cui labbra la parola si sfarina in un turbine di suoni senza senso. Si sfalda in mille squame di accenti disperati. Si fa voce, ma senza farsi mai carne. Ci riempie la bocca, ma lascia vuoto il grembo. Ci dà l'illusione della comunione, ma non raggiunge neppure la dignità del soliloquio. E anche dopo che ne abbiamo pronunciate tante, perfino con eleganza e a getto continuo, ci lascia nella pena di una indicibile aridità: come i mascheroni di certe fontane che non danno più acqua e sul cui volto è rimasta soltanto la contrazione del ghigno.
Santa Maria, donna senza retorica, la cui sovrumana grandezza è sospesa al rapidissimo fremito di un fiat, prega per noi peccatori, perennemente esposti, tra convalescenze e ricadute, all'intossicazione di parole.
Proteggi le nostre labbra da gonfiori inutili. Fa' che le nostre voci, ridotte all'essenziale, partano sempre dai recinti del mistero e rechino il profumo del silenzio.
Rendici come te, sacramento della trasparenza.
E aiutaci, finalmente, perché nella brevità di un "sì" detto a Dio ci sia dolce naufragare: come in un mare sterminato.
Abili nell'usare la parola per nascondere i pensieri più che per rivelarli, abbiamo perso il gusto della semplicità.
Convinti che per affermarsi nella vita bisogna saper parlare anche quando non si ha nulla da dire, siamo diventati prolissi e incontinenti.
Esperti nel tessere ragnatele di vocaboli sui crateri del "non senso", precipitiamo spesso nelle trappole nere dell'assurdo come mosche nel calamaio.
Incapaci di andare alla sostanza delle cose, ci siamo creati un'anima barocca che adopera i vocaboli come fossero stucchi, e aggiriamo i problemi con le volute delle nostre furbizie letterarie.
Santa Maria, donna senza retorica, prega per noi peccatori, sulle cui labbra la parola si sfarina in un turbine di suoni senza senso. Si sfalda in mille squame di accenti disperati. Si fa voce, ma senza farsi mai carne. Ci riempie la bocca, ma lascia vuoto il grembo. Ci dà l'illusione della comunione, ma non raggiunge neppure la dignità del soliloquio. E anche dopo che ne abbiamo pronunciate tante, perfino con eleganza e a getto continuo, ci lascia nella pena di una indicibile aridità: come i mascheroni di certe fontane che non danno più acqua e sul cui volto è rimasta soltanto la contrazione del ghigno.
Santa Maria, donna senza retorica, la cui sovrumana grandezza è sospesa al rapidissimo fremito di un fiat, prega per noi peccatori, perennemente esposti, tra convalescenze e ricadute, all'intossicazione di parole.
Proteggi le nostre labbra da gonfiori inutili. Fa' che le nostre voci, ridotte all'essenziale, partano sempre dai recinti del mistero e rechino il profumo del silenzio.
Rendici come te, sacramento della trasparenza.
E aiutaci, finalmente, perché nella brevità di un "sì" detto a Dio ci sia dolce naufragare: come in un mare sterminato.
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