Dai Discorsi di Fausto di
Riez, vescovo
Tre
giorni dopo, ci fu uno sposalizio (Gv 2, 1). Che cosa sono queste nozze se non i desideri e le gioie dell'umana
salvezza? La salvezza infatti viene celebrata nel simbolismo del numero tre: o
per la confessione della santissima Trinità o per la fede della risurrezione, avvenuta tre giorni dopo la morte del
Signore. Circa il simbolismo delle nozze ricordiamo che in un altro passo del
Vangelo si dice che il figlio più giovane viene accolto al suo ritorno con musiche e danze, tra sontuose vesti
nuziali, a simboleggiare la conversione del popolo pagano. Come sposo che esce dalla stanza nuziale
(cfr. Sal 18, 6) Cristo è disceso sulla terra per unirsi alla Chiesa mediante la sua incarnazione. A
questa Chiesa radunata tra le genti pagane, egli diede pegni e promesse. In
pegno la sua redenzione, come promesse la vita eterna. Tutto questo, perciò, era miracolo per chi vedeva e
mistero per chi comprendeva. Se, infatti, riflettiamo profondamente,
comprenderemo che nell'acqua stessa viene presentata una certa quale immagine
del battesimo e della risurrezione. Quando una cosa scaturisce per processo
interno da un'altra o quando una creatura inferiore viene portata per una
segreta conversione ad uno stato superiore, ci troviamo di fronte ad una
seconda nascita. Le acque sono improvvisamente trasformate ed esse più tardi trasformeranno gli
uomini. In Galilea, dunque, per opera di
Cristo, l'acqua diventa vino; scompare la legge, succede la grazia; fugge
l'ombra, subentra la realtà;
le cose materiali vengono messe a confronto con quelle spirituali; la vecchia
osservanza cede il posto al Nuovo Testamento. Il beato Apostolo afferma: Le cose vecchie sono passate,
ecco, ne sono nate di nuove (2 Cor 5, 17). Come l'acqua contenuta nelle giare non perde nulla di quello che
era e comincia ad essere quello che non era, così la Legge non è stata sminuita dalla venuta di
Cristo ma avvantaggiata, perchè da essa ha ricevuto il suo completamente.
Mancando il vino, viene servito un altro vino; il vino dell'antico
Testamento è buono; ma
quello del Nuovo è migliore. L'Antico Testamento a cui i Giudei ubbidiscono, si esaurisce nella
lettera; il Nuovo a cui ubbidiamo noi, restituisce il sapore della grazia. Il
vino buono è il comandamento della Legge che dice: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico (Mt 5, 43), ma il vino del Vangelo che è migliore dice: Io invece vi dico: Amate i vostri nemici e fate
del bene ai vostri persecutori (Mt 5, 44 volg.).
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