Essere cristiano è il più tremendo di tutti I tormenti; è, e così dev'essere, un avere il proprio inferno a questo mondo.
Cosa fa rabbrividire di più l’uomo? Senza dubbio, il morire e soprattutto l’agonia; e perciò si desidera che l’agonia sia la più breve possibile.
Ma essere cristiano è trovarsi nello stato della morte, di un moribondo (tu devi mortificarti, odiare te stesso!): così vivrai forse per quarant’anni in questo stato! (si rabbrividisce al pensiero delle sofferenze di un animale sottoposto alla vivisezione, e tuttavia questa non è che un’immagine sbiadita della sofferenza che comporta l’esser cristiano: conservarsi vivo in stato di morte!).
E non solo questo, ma sopravviene qui un rincrudimento. Perché quelli che assistono al moribondo, di solito non si mettono a schernirlo, e neanche a odiarlo, a maledirlo o aborrirlo perché egli geme nell’agonia. Invece è a questa sofferenza che si va incontro con l’essere cristiani, quando il vero Cristianesimo debba essere espresso in questo mondo.
E poi viene lo scrupolo, il pensiero che ad ogni istante c’è la possibilità dello scandalo: che ciò sarebbe amore di Dio, che questo dovrebbe esser quel Dio di amore, intorno al quale da bambini si è imparato tutto meno che questo!
Eppure Dio è Amore, l’Amore infinito. Ma Egli ti può amare soltanto quando tu sia veramente un morente; e tuttavia è grazia infinita, infinita grazia, poter ottenere che la sofferenza dell’eternità sia cambiata in sofferenza temporale.
Ma guai a queste folle di mentitori giurati: guai a loro, di aver preso le chiavi del cielo e così che non solo non ci entrano essi, ma vogliono anche impedirlo agli altri.
Matteo 23,13
Soren Kierkegaard
diario
Nessun commento:
Posta un commento