Ma la chiesa – che rispecchia il rapporto difficile tra uomo e donna- non sembra ancora rispecchiare, almeno nei suoi vertici, quella stima del sesso che pure è tipica della nostra stagione storica. Il valore della bipolarità umana viene riconosciuto astrattamente ma il nostro tessuto psicologico è ancora allergico e spaurito e lo tiene ai margini della preghiera. Forse teme contaminazioni. Il nostro modo di pregare è sotto il segno dell’asessualità. Nella liturgia qualche arrischiato versetto del Cantico (e si rimpiange che non sia più in latino), subito neutralizzato da interpretazioni ultrasimboliche; e per il resto come se la sessualità non esistesse. Forse ammettiamo il virilismo e l’infennimento perché avvertiamo, nell’inconscio che, in essi, la sessualità è già neutralizzata e decurtata, esorcizzata, imbavagliata. Ma della pienezza sessuale ci ricordiamo per la procreazione e per l’amore no; tanto meno per la preghiera. Vi sono anzi non pochi moralisti che- forse scambiando il sesso per la pornografia che ne è, essa pure, il deterioramento rattrappito – deplorano l’eccessiva esaltazione della sessualità. Essi sembrano aver dimenticato che è proprio il sesso a costituire l’uomo a immagine di Dio; che in Israele, la consacrazione religiosa avveniva in un rito sessuale; che il rapporto con il suo popolo – da Osea a Isaia, da Geremia a Ezechiele, da Paolo a Giovanni, per non dire del Cantico – viene esaltato in termini sponsali. Non solo quindi l’uomo sessuato è immagine di Dio ma il suo amore sessuale è immagine dell’amore di Dio. Davvero nessuna esaltazione potrebbe superare quella bibblica. E d’altra parte questa tematica della Scrittura sorge sul terreno dell’arcaica esperienza esistenziale che ha sempre avvertito l’unione dei sessi come qualcosa di non rinchiuso in sé ma proiettato al di là di se stesso, in una pregnanza cosmica e mistica che ne faceva un gesto altamente religioso. I grandi temi del dare e del ricevere, del cielo e della terra, della ricerca e dell’attesa, della potenza del Creatore e della capienza della creatura, coagulati ed espressi nell’incontro dell’uomo e della donna, da cui discende il prolungarsi della vita, erano già presenti e conferivano all’amore la dignità di un rito, ancora prima che la Bibbia ne traducesse i termini nell’area religiosa ebraica.Le cerimonie dell’iniziazione, le unioni rituali sulle semine, la stessa prostituzione sacra – in cui la capacità dell’amplesso di stabilire un rapporto con Dio passava attraverso donne a lui particolarmente votate, secondo un modulo di mediazione che, mutatis mutandis, è analogo a quello del sacerdozio- sono le cifre di un discorso che è stato raccolto dalla Bibbia ma lasciato o spesso mistificato dai cristiani.
Adriana Zarri
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