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giovedì 18 agosto 2011

Dalle piaghe del Signore la nostra guarigione


 Dal «Trattato sull'Incarnazione del Signore» 
Le sofferenze del nostro Salvatore sono le nostre medicine. Il profeta volle
insegnarci questo quando disse: «Egli si é caricato delle nostre sofferenze, si é addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli é stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà la salvezza si é abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge... era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53, 4-7). Il pastore che vede le pecore disperse ne prende una in braccio, la conduce a un pascolo tranquillo e, con l'esempio di questa, attrae a sé la rimanenti. Così il Verbo di Dio, avendo visto errante la stirpe degli uomini, assunse la natura di servo, la unì strettamente a sé e, per mezzo di essa, attirò l'intero genere umano, e condusse ai pascoli divini
coloro che erano mal nutriti ed esposti ai lupi. Per questo dunque il Salvatore nostro assunse la nostra natura, per questo Cristo Signore sostenne la passione, e la fece causa di salvezza, per questo fu dato in balia alla morte, consegnato al sepolcro, e così abbatté l'antica tirannide e promise 'incorruttibilità a quelli che erano incatenati dalla corruzione. Riedificando il tempio distrutto e risorgendo da morte, egli manifestò anche ai morti e a quanti attendevano la sua risurrezione le vere e indefettibili promesse. In verità, disse, la natura che io ho preso da voi ebbe la risurrezione per la divinità che abitava in lei e le era unita. Per la divinità si liberò dalla corruttibilità e dalla passibilità e conseguì l'incorruttibilità e l'immortalità. Così anche voi sarete liberi dalla dura schiavitù della morte, ed eliminata la corruzione assieme alle passioni, sarete rivestiti dell'immortalità. Egli per mezzo degli apostoli diede il dono del battesimo a tutti gli uomini: «Andate dunque, disse, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,
19). Il battesimo é una immagine e una figura della morte del Signore. «Se infatti», come dice l'apostolo Paolo, «siamo completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione» (Rm 6, 5).

Li libererò dai loro affanni


Dal "Trattato sull`Incarnazione del Signore" di  (Nn. 26-27; PG 75, 1466-1467)

Gesù corre spontaneamente incontro a quelle sofferenze che erano state predette a suo riguardo; egli le aveva spesso preannunziate ai suoi discepoli, anzi aveva anche rimproverato Pietro che non ne accoglieva volentieri l`annunzio, e dimostrando che la salvezza del mondo si doveva realizzare per mezzo di esse. Per questo offrì se stesso a coloro che venivano a prenderlo: Sono io colui che cercate (cfr. Gv 18, 5). Egli, accusato, non rispose e, potendo nascondersi, non volle farlo, benché più volte, in altre circostanze, si fosse allontanato quando gli tendevano agguati. Inoltre pianse su Gerusalemme, che con la sua incredulità gli procurava la morte, e condannò alla totale distruzione il tempio, pur così celebre. Sopportò di essere percosso sul capo da un uomo doppiamente servile. Fu schiaffeggiato, sputacchiato, vituperato, torturato, flagellato, ed infine messo in croce. Accettò come compagni di supplizio dei ladroni dall`uno e dall`altro lato, e fu considerato alla pari degli omicidi e degli scellerati. Ricevette l`aceto e il fiele da una vite maligna, e venne coronato di spine invece che di tralci di vite e di grappoli d`uva. Rivestito con un drappo di porpora, divenne re da burla, e fu percosso con una canna. Il suo costato fu perforato dalla lancia. Infine fu messo nel sepolcro. Tutto questo volle patire per la nostra salvezza. Poiché coloro che si erano lasciati dominare dal peccato erano stati assoggettati alle pene del peccato, egli, immune per se stesso da ogni peccato, dopo aver percorso tutto il cammino della giustizia, si sottopose al supplizio dei peccatori, distruggendo con la sua croce il decreto dell`antica maledizione. «Cristo», dice Paolo, «ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno» (Gal 3, 13; cfr. Dt 21, 23), e con la corona di spine ha messo fine ai castighi di Adamo, quei castighi che aveva sentito annunziare dopo il peccato: Maledetta la terra per causa tua: spine e cardi produrrà per te (cfr. Gn 3, 17-18). Col fiele egli raccolse in se stesso l`amarezza e le pene della vita mortale e le sofferenze degli uomini. Con l`aceto egli imputò a se stesso il pervertimento degli uomini, e procurò loro il ritorno a migliori condizioni. Con la porpora simboleggiò il regno, con la canna indicò la debolezza e la caducità della potenza del diavolo, con lo schiaffo manifestò la nostra liberazione, sempre prendendo su di sé le punizioni, le correzioni e le percosse dovute a noi. Dal costato aperto però non ebbe origine, come già da quello di Adamo, la donna che col suo peccato generò la morte, ma scaturì la fonte della vita che vivifica il mondo con due ruscelli. L`uno ci rinnova nel battistero e ci dà una vita immortale. L`altro serve a nutrirci dopo la nostra nascita, e proprio alla mensa divina, come fa il latte che sostenta e fa crescere i bambini.