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sabato 2 gennaio 2016

Maria dell'anno nuovo


Venne il giorno, Maria in cui nacque Colui che era nato da sempre.
E ti parve una nascita.
E fu una nascita.
E ti parve un inizio.
E fu un inizio.
Ma la radice degli inizi che sperimentavi era senza fondo e senza fine: piantata in cielo, nell'eternità.
E venne il giorno in cui vedesti l'amore di Dio fatto carne da te.
E ti parve di vederLo, per la prima volta, e fu la prima volta.
Poi ti accorgesti che ogni volta che amiamo e ci lasciamo amare è la prima e l'ultima,e la seguente è tuta nuova mai vissuta.
Allora il vivere ti calò in mano vergine, irripetuto e irripetibile: qualcosa che nasceva e moriva nel vivere, consumato da un un tempo che non consentiva invecchiamenti, non concedeva repliche, ma ogni cosa ti dava per la prima volta e per l'ultima un'occasione da lasciare o da prendere. E se si lascia, quella, non si ritrova più. Se ne trovano altre perché l 'amore di Dio non ha soste, ma quelle uccise dal nostro rifiuto non possono tornare sono perse per sempre.
E per fortuna non l'avrei persa l'occasione che ti aveva portato Gabriele; ed ora era in braccio a te, e la cullavi, e di giorno la facevi succhiare dal tuo seno e, di notte la facevi dormire sul tuo sonno. Giorni e giorni, notti e notti e il sole che si levava e tramontava da sempre, sempre nuovo ogni volta.
E' l'amore sempre nuovo ogni volta.
Maria dell'anno nuovo, Vergine degli inizi Madre di Cristo, Madre della perenne novità, gurada su questa inutile scadenza sugli uomini che brindano ad un corso perenne, che non comincia questa notte, ma che comincia tutte le notti, e tutti i giorni e tutte le ore.
È una festa puerile ma che, talora ha gesti simbolici quasi profetici.
In alcune regioni si gettano via le cose rotte.
Ciò che non serve, ciò che è inutile, ciò che è vecchio, ciò che ci invecchia prende un volo gioioso, dalle finestre aperte e si schianta in faville di vetri rotti.
E all'alba le strade sono festanti di cocci
Dà senso, o Vergine, a queste piccole banali o forse sapienti usanze; fa che significhino e realizzano la sconfitta della vecchiezza, la fine dell'abitudine, la morte della morte.


Adriana Zarri
tratto da
Il pozzo di Giacobbe



venerdì 1 gennaio 2016

litanie di Capodanno



Nella tempesta e nel sereno,
nell'afflizione e nella gioia,
ogni giorno comincia il tuo amore!

Nell'angoscia e nella pace,
nel dubbio e nella fede
ogni giorno comincia il tuo amore!

Nel lavoro e nel riposo,
nella stanchezza e nel ristoro
ogni giorno comincia il tuo amore!

D'estate e d'inverno,
nella canicola e nel gelo,
ogni giorno comincia il tuo amore!

Come posso cedere al tedio,
se ogni giorno comincia il tuo amore?

Quando mi levo al mattino
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando mi reco al lavoro;
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando saluto la gente;
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando incontro il postino con la sua borsa gonfia,
ogni giorno comincio ad amarTi!


Quando mi fermo al semaforo rosso,
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando vedo un bambino,
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando rientro la sera,
ogni giorno comincio ad amarTi!

Quando mi siedo a cena,
ogni giorno comincio ad amarTi!
Quando la testa mi cade dal sonno
ogni giorno comincio ad amarTi!

E quando guardo le cose,
è per la prima volta!

Quando dico “Buon giorno”
è per la prima volta!

Quando compio di gesti di sempre,
è per la prima volta!

Quando consumo i pasti quotidiani,
è per la prima volta!

Quando dico antichissime parole,
è per la prima volta!

E quando Signore, Ti Amo,
è per la prima volta!
Ti ho amato ieri,
e spero che fosse meno di oggi.
Ti amo oggi, e spero che sia meno di domani.
L'oggi, il domani, lo ieri,
l'anno passato, l'anno futuro
sono scadenze fittizie
di un qualche cosa che incomincia sempre e non si ripete mai.




                                                                                               Tratto da
                                                                                                il pozzo di Giacobbe








Buon anno, amici


Ecco, Signore, un anno nuovo. 

Non sappiamo come sarà e possiamo solo sperare e farci auguri inutili che tuttavia carichiamo di buoni auspici.
"Buon anno! Buon anno!" ci diciamo; e l'esclamazione rimbalza e si diffonde come quando diciamo "buon giorno!" o "buona notte!" e il più delle volte si tratta quasi di un intercalare, privo di consistenza, privo di umana solidarietà: una vuota abitudine, a livello di pura cortesia. 

Potrebbe esprimere affetto, salire dall'umana simpatia fino a giungere alla cristiana carità; e invece non esprime più nulla: è una pura emissione di voce, una mera espressione di buone maniere prive ormai di sentimenti veri. Ci scivola, scialba, sulla lingua, impegnando soltanto i muscoli vocali, spesso neanche la mimica facciale, spesso neanche un sorriso accompagna la voce: "buon giorno" e basta, senza nulla dietro.
Forse, Signore, l'abbiamo detto troppe volte; e quel giorno non è più un giorno con l'alba e il tramonto, il sole che sorge e monta, alto, nel cielo e poi declina, nella sera; e l'augurarlo buono non è più un auspicio di gioia: è una specie di pedaggio obbligato, imposto dalla nostra civiltà, quando incrociamo un conoscente.

 Forse, Signore, l'abbiamo detto troppe volte e quel giorno non è più un giorno e la bontà non è più una bontà.
 L'uso continuo ce l'ha consumato nella bocca e nel cuore perché, di solito, noi non sappiamo reggere alla reiterazione senza perdere la verità e la partecipazione degli inizi.
 Ed invece dovremmo; e ricordarci che, ogni volta, è come se fosse la prima: anzi è in effetti la prima che, in quel momento, diciamo o facciamo o siamo; e dopo sarà un'altra, differente, anche se le somiglia, ma la stessa non è.
Esiste perfino un vecchio assioma, che ripetono i nostri moralisti, il quale afferma: "ab assuetis non fit passio", non ci commoviamo più, ai gesti consueti e ripetuti.

 Che triste filosofia, Signore! 
Se fosse vera distruggerebbe il matrimonio, l'amicizia: tutto distruggerebbe; e il nostro mondo farebbe naufragio in un mare piatto, senza onde, senza nessuna increspatura di stupore, di emozione, di passione, senza entusiasmo, senza nulla. 
Non ci credo, Signore, a quell'assioma che ho studiato a scuola; anche se so che grava su di noi, come una perenne minaccia; e che il tempo può rinnovare ma, più spesso, consuma. E il combattere questo incombente appiattimento è l'impegno primario della nostra vitalità e novità e perdurante fervore. 
E so anche che non ci può riuscire senza il tuo aiuto, perché tu non se il Dio delle cose vecchie e ripetute senza partecipazione: tu sei il Dio vivente delle cose viventi e risorgenti dalla tomba del tempo che le uccide; ma poi lo stesso tempo ce le rimette in mano, nuove. Questo, Signore, sei, e non il Dio della passione spenta: quella passione che la nostra omiletica ha sovente umiliato riducendola ai "bassi istinti" (e quali sono, poi gli istinti bassi se non quelli abbassati da noi?). 
La passione è l'emozione e l'entusiasmo che dovremmo versare su ogni cosa; e tu, Signore, tu sei il Dio della passione accesa, che non si spegne mai, come non si spegne la fede, la speranza, la carità. 
(Ed è ben vero che san Paolo dice che la speranza cessa nella vita futura, davanti a te, raggiunto.
 Ma tu, Signore, anche raggiunto, resti irraggiungibile, sempre al di là d'ogni possibile presa, e sempre oggetto di ogni ulteriore speranza.)
Tu, Signore, sei il Dio della passione sempre accesa, della speranza inestinguibile e della novità che non invecchia: sei il Signore che ci difende all'usura del già detto e ci ridà la gioia di ciò che è nuovamente da dirsi, da farsi, da viversi. 

Ed il "buon giorno" ritorna ad essere un "buon giorno", ricco di cielo e di sole; e il "buona notte" ricco di stelle e di luna; ed entrambi ricchi di simpatia e di amore.
Così, Signore, sia per il nostro "buon anno!" che, in questi giorni, diciamo tanto spesso.

 Fa che sia un anno pieno di stagioni, di erbe primaverili, e di affocate stoppie estive, e di frutti pendenti dell'autunno, e di silenzio candido e innevato, di fuochi accesi, di tavole imbandite come quelle che accoglievano te, quando pranzavi con gli amici.
Riempi, Signore, i nostri auguri; di questa densità esistenziale; e dacci la passione dell'amicizia e la capacità di auspici veri.
"Buon anno, amici, buon anno!"

 Più di trecento giorni pieni di sole, di luna, di nuvole, di neve; più di trecento giorni, pieni di solidarietà e di gioia; e, se verrà il dolore, che sia vissuto con amore.

"Buon anno, amici, buona vita!"


Tratto da
Quasi una preghiera

venerdì 2 gennaio 2015

Con acque sempre nuove



Io non ho mai amato molto Signore, questa  sagra festaiola del capodanno che assume spesso toni sbracati e goffi, però con qualche punta di poetica inventiva come quando, in certe zone d’Italia , si gettano dalla finestra i cocci vecchi, quasi  a significare la fine delle stanchezze e delle usure e celebrare l’inizio della novità.
Ecco, Signore, ciò che può dirci una festa in se stessa banale perché in qualche modo, artificiosa. Cosa infatti si celebra?
La fine di una ellisse astronomica che non finisce e non comincia, non ha punti privilegiati, stacchi, angoli o spigoli come altre figure geometriche . Un ellisse, come un cerchio, è una linea continua che mal si presta alle scansioni .
Ogni punto è uguale all’altro, in un flusso continuo e senza onde; ogni giorno è il primo giorno e l’ultimo; ogni giorno è San Silvestro e ogni giorno e capodanno. Ciò nonostante noi di scansioni abiamo pur bisogno; non abbiam fiato sufficiente per correre senza fermarci mai.
E’ una fine e un inizio, è una sorta di sosta psicologica.
Anche se artificiosi non importa: rispondono a una nostra necessità reale che si fa pura utilità burocratica e scandisce il gran giro continuo con una ricorrenza che, pur nella sua banalità,finisce per esserci cara.
Ma se dovessi, al di là della psicologia e della burocrazia, darle un senso profondo la chimaerei, Signore, la festa degli inizi. E allora, in questo senso, è una gran festa perché dice la novità perenne della vita che mai si consuma e ripete ma fluisce continua come un’ellisse , come un gran fiume con acque sempre  nuove. E noi ci tuffiamo in questo corso ricordando, almeno a capodanno, che tutto è nuovo, anche ciò che par vecchio perché l’abbiam vissuto tante volte; ma ogni volta era  nuovo, come la prima e l’unica.
Ebbene, Signore in questa festa noi ti chiediamo questo dono: di essere noi pure nuovi per vivere questa perenne novità.
·        Scrostaci, o Dio, la triste polvere dell’abitudine, della stanchezza, del disincanto;
·        dacci la gioia di svegliarci, ogni mattino, unico e diverso da ogni altro. Con mani nuove per toccare  le cose e riceverne quasi l’impronta sulla carne.Con curiosità perenne, con stupore incontaminato.
·        Facci svegliare di primo mattino dicendo: “ Che gioia, Signore, ho avuto un nuovo giorno da vivere” e coricare la sera pensando: “ Ho davanti una notte, tutta compatta e silenziosa, per  concentrarmi e pregare e anche dormire; questo arrenderci dolce in una fossa che è il preludio dell’alacre risveglio e della rinascita nel domani”.
·        Distruggi in noi la stanchezza del ripetuto nella coscienza dell’inedito in cui siamo perennemente immersi.
·        Fammi capire che non ripeto mai nulla ma che ricreo, di volta in volta, pure nei gesti infimi, qualche cosa di nuovo e irripetibile che non potrò più replicare: un’occasione unica da cogliere o da perdere. E se la colgo vi resterà per sempre: inscritta  nella mia storia  e nella mia eternità. E se la perdo non la ritroverò mai più quell’occasione  persa e irrecuperabile. Ne troverò certo altre, perché il tuo amore è senza fine; ma quella ormai non più.
Tutto è nuovo, Signore, e niente è ripetuto, niente vecchio: solo noi siamo vecchi se non ci accorgiamo della novità e ci adagiamo sulle cose pensando che siano “sempre quelle”, mentre non sono mai “quelle”. Sono altre, uscite nuove, la prima volta, dal tuo amore e cadute, la prima volta, nelle nostre mani. Fa , o Signore, che ne riconosciamo la novità e le viviamo nell’entusiasmo e nella creazione.
Che questo giorno festaiolo, banalizzato dai troppi panettoni, sia il richiamo alla perenne novità.
Domani, due gennaio, è un altro capodanno: la terra prosegue nel suo giro inesausto che abbiamo interrotto, in maniera fittizia, noi che siam fatti di scadenze e abbiamo il fiato corto.
Questa sorta di innocente finzione ci serva almeno per celebrare la grande festa degli inizi, per stare, Signore, davanti alla tua faccia sempre nuova senza soste e stanchezze, rapiti e stupiti come nel primo giorno.

Adriana Zarri
Tratto da quasi una preghiera.