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mercoledì 27 giugno 2018

I medici e il medico



La sua fede arrestò in un istante, come in un batter d`occhio, il flusso di sangue che era sgorgato per dodici anni. Numerosi medici l`avevano visitata moltissime volte, ma l`umile medico, il figlio unico la guardò soltanto un momento. Spesso, quella donna aveva profuso forti somme per i medici; ma all`improvviso, accanto al nostro medico, i suoi pensieri sparsi si raccolsero in un`unica fede. Quando i medici terreni la curavano, ella pagava loro un prezzo terreno (cf. Mc 5,26); ma quando il medico celeste le apparve, ella le presentò una fede celeste. I doni terrestri furono lasciati agli abitanti della terra, i doni spirituali furono elevati al Dio spirituale nei cieli.
I medici stimolavano coi loro rimedi i dolori causati dal male, come una belva abbandonata alla sua ferocia. Così, per reazione, come una belva inferocita, i dolori li diffondevano dappertutto, essi e i loro rimedi. Quando tutti si affrettavano di sottrarsi alla cura di quel dolore, una potenza uscí, rapida, dalla frangia del mantello di Nostro Signore; colpì violentemente il male, lo bloccò e s`attirò l`elogio per il male domato. Uno solo si prese gioco di quelli che s`erano presi gioco per molto. Un solo medico divenne celebre per un male che parecchi medici avevano reso celebre. Proprio quando la mano di quella donna aveva distribuito grandi cifre, la sua piaga non ricevette alcuna guarigione; ma quando la sua mano si tese vuota, la cavità si riempi di salute. Finché la sua mano era ripiena di ricompense tangibili, essa era vuota di fede nascosta, ma quando si spogliò delle ricompense tangibili, fu ripiena di fede invisibile. Diede ricompense manifeste e non ricevette guarigione manifesta; diede una fede manifesta e ricevette una guarigione nascosta. Sebbene avesse dato ai medici il loro onorario con fiducia, non trovò per il suo onorario una ricompensa proporzionata alla sua fiducia; ma quando diede un prezzo preso con furto, allora ne ricevette il premio, quello della guarigione nascosta...
E coloro che non erano stati capaci di guarire quest`unica donna coi loro rimedi, guarivano frattanto molti pensieri con le loro risposte. Nostro Signore, invece, capace di guarire ogni malato, non voleva mostrarsi capace di rispondere anche ad un solo interrogativo; conosceva quella risposta, ma descriveva in anticipo coloro che avrebbero detto: "Tu, con la tua venuta, dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera" (Gv 8,13). La sua potenza aveva guarito la donna, ma il suo parlare non aveva persuaso quella gente. Eppure, per quanto la sua lingua restasse muta, la sua opera risuonava come una tromba. Col suo silenzio soffocava l`orgoglio arrogante; con la sua domanda: "Chi mi ha toccato?" (Lc 8,45) e con la sua opera, la sua verità era proclamata.
Se non ci fosse che un senso da dare alle parole della Scrittura, il primo interprete lo troverebbe, e gli altri uditori non avrebbero più il lavoro pesante della ricerca, né il piacere della scoperta. Ma ogni parola di Nostro Signore ha la sua forma, e ogni forma ha molti membri, e ogni membro ha la sua fisionomia propria. Ciascuno comprende secondo la sua capacità, e interpreta come gli è dato.
È così che una donna si presentò a lui e che la guarì. Si era presentata davanti a parecchi uomini che non l`avevano guarita avevano perduto il loro tempo con lei. Ma un uomo la guarì, quando il suo volto era girato da un`altra parte; egli biasimava così coloro che, con grande cura, si volgevano verso di lei, ma non la guarivano: "La debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1Cor 1,25). Sebbene il volto umano di Nostro Signore non poté guardare che da una sola parte, la sua divinità interiore aveva occhio dappertutto poiché vedeva da ogni lato.

(Efrem, Diatessaron, VII, 6, 19-23)

domenica 13 marzo 2016

I singoli precetti erano legati al loro tempo


Nota quali precetti dovessero servire solo al loro tempo e ad esso fossero adattati, e non lasciarti sconcertare se odi detti scritturistici contrari l’uno al l’altro. 
Per esempio un detto suona così:
«Voglio i sacrifici»,
un altro: 

«Odio i sacrifici». 
Un detto dice ancora: 
«Purifica i cibi da ciò che è impuro»,
 un altro:
«Mescolali e mangiali». 

Un altro ancora:
 «Osserva le feste!»
 un altro: 
«Io profano le feste». 
Un detto suona:
 «Santifica ii giorno sacro», 
un altro: 
«Io abbomino i sabati».
Un detto dice: 
«Circoncidi ogni maschio», 
e un altro: 
«Abbomino la circoncisione». 
Quando odi ciò, renditi conto, ragionando, della diversità, e non lasciarti sconvolgere come molti che il demonio avvolge fra le sue spire!
Senti dunque: i detti scritturistici sono usciti da una sola bocca, diretti però a generazioni diverse. 

Un detto si rivolge a una generazione, quella generazione svanisce e il precetto con lei; giunge un’altra generazione, ed ecco un altro detto che gli impone una nuova legge. 
I detti rivolti a tutte le generazioni si sommano e ammucchiano per l’ultima generazione. 
Ora si fanno avanti dei pazzi che spiegano la contraddittorietà di questi detti ammettendo diversi dèi, quali loro autori: essi non vedono che le singole generazioni sono diverse l’una dall’altra, e distinte anche nel loro modo di agire. 
E’necessario che a tutte le generazioni vengano date le disposizioni corrispondenti, ed ecco perciò ad ogni generazione detti stimolanti alla pietà, rivolti ai suoi figli. 
Ma in tal modo questi detti si sono moltiplicati ed ammucchiati; il cumulo di detti sconvolge gli insipienti, tanto che si staccano dall’unico Iddio.
Molti furono i detti dei profeti, miranti a curare le infermità; tutte le medicine possibili furono usate contro la malattia della caducità. 

Vi sono precetti che perdono l’efficacia quando i mali precedenti non sono più attuali; e ve ne sono altri, invece, che sussistono, perché anche i mali sussistono. 
Gli apostoli e i profeti sono medici delle anime: essi prescrivono i mezzi corrispondenti alla miseria dell’umanità; preparano le medicine per le malattie caratteristiche della loro generazione. 
Le loro medicine servono sia dopo che prima, perché vi sono malattie che sono proprie di qualche generazione e vi sono malattie comuni a tutte le generazioni.
E contro le malattie nuove, essi prescrissero medicine nuove; per le malattie sussistenti in tutte le generazioni, essi porsero sempre le stesse medicine.
Così fu dato il precetto: 

«Non rubare!». 
E’una malattia che continua, perciò continua anche il rimedio. Fu dato anche il precetto della circoncisione: quella malattia è svanita, perciò è venuto meno anche il rimeidio.
Si porse ai circoncisi uno strumento contro malattie che sarebbero sorte; ma tali strumenti, adatti contro malattie precedenti, ora sono diventati inutili, perché queste malattie oggi piùnon si riscontrano. 
Non v’è più il danno da esse causato, perciò il rimedio è diventato inutile.
Così oggi i precetti del sabato, della circoncisione e della purità levitica sono superflui per noi; agli uomini invece di quei tempi erano senz’altro utili. 

Ai primi uomini erano inutili, perché essi erano sani per la conoscenza; anche a noi, ultimi uomini, sono inutili, perché siamo sani per la fede. 
Servirono solo agli uomini del periodo intermedio, perché erano aggravati dal paganesimo.

Dal De fide, 40-42

sabato 12 marzo 2016

Le tappe sulla strada del cielo


Ascolta le parole del consiglio bello e buono e impara ciò che ti dico, mio caro fratello e amico di Cristo! 
Se vuoi fare un viaggio verso un’altra terra, una terra lontana, verso la tua patria , non puoi,lasciarti dietro tutta l’estensione della strada in un istante, ma fai un certo numero di passi, e giungi così, a poco a poco e con fatica, alla terra che brami. Così avviene anche per il regno dei cieli, per il paradiso
di delizia. Vi si giunge attraverso il digiuno, l’astinenza e la veglia. L’astinenza, le lacrime e la preghiera, la veglia e l’amore sono le tappe che conducono al cielo. 
Non temere per un buon inizio della bella strada che conduce alla vita eterna: abbi soltanto la più seria volontà di entrare in tale strada, e sii pronto. 
Presto essa si spianerà davanti ai tuoi piedi, passerai con gioia e contentezza da una tappa all’altra, e a ciascuna i passi della tua anima si faranno più saldi. 
Non troverai più difficoltà sulla strada che conduce al cielo, perché il Signore del cielo si farà egli stesso, spontaneamente, strada della vita per quelli che con gioia vogliono giungere al Padre della luce.
Da: Meditazione sulla morte,6

Preghiera dei redenti

Con il giorno luminoso della tua conoscenza, allontana, Signore, la notte oscura,
perché la nostra intelligenza illuminata
ti serva con una purezza tutta nuova...
Il pincipio della corsa del sole
segna per imortali l’inizio del lavoro:
prepara nelle nostre anime, Signore,
una dimora per quel giorno che non conosce tramonto.
Concedi di vedere in noi la vita della risurrezione 

e riempi i nostri cuori delle tue delizie eterne.
Imprimi in noi, Signore,con la nostra fedeltà nel servirti,
il segno di quel giorno che non dipende né dal sorgere,
né dalla corsa del sole.
Ogni giorno, ti abbracciamo nei tuoi santi misteri 

e ti riceviamo nel nostro corpo:
concedici di sperimentare in noi stessi la risurrezione che speriamo.
Divieni per i nostri pensieri, Signore,le ali che ci portano,
leggeri, sulle altezze e ci conducono fino alla nostra vera dimora.
Noi portiamo i l tuo tesoro nel nostro corpo in grazia del battesimo; questo tesoro aumenta alla mensa dei tuoi sacri misteri: 

concedici di trovare la nostra gioia nella tua grazia.
Il tuo memoriale, Signore, noi lo accogliamo in noi stessi
alla mensa spirituale:
fa’ che possiamo possederne la realtà
al tempo del rinnovamento futuro.
A quale bellezza siamo chiamati,
fa’che possiamo comprenderlo con questa bellezza spirituale
che la tua  volontà immortale risveglia in noi fin da questa vita mortale.
La tua crocifissione, o nostro Salvatore,
mise termine alla tua vita corporale:
concedici di crocifiggere il nostro spirito
in vista della vita nello Spirito.
La tua risurrezione, o Gesù,
faccia crescere in noi l’uomo spirituale,
e la contemplazione dei tuoi misteri
sia lo specchio in cui possiamo riconoscerlo.
I tuoi divini disegni, o nostro Salvatore,
formano il mondo spirituale:
concedici di conformarci ad essi con sollecitudine
da veri uomini spirituali...
Non privare le nostre anime, Signore,
della manifestazione del tuo Spirito
e non sottrarre alle nostre membra il tuo dolce calore...
Concedici, Signore, di affrettarci verso la nostra beata Patria,
e di possederla fin d’ora nella contemplazione
come Mosè ha visto la terra promessa
dalla cima della montagna.


Dal Discorso
3,2.4-5

venerdì 4 marzo 2016

Il mare dei peccati e il mare della grazia


Tremo sempre e rabbrividisco quando penso ai miei peccati nascosti, quando soppeso le mie opere.
Questo pauroso ricordo delle mie colpe e del giorno del giudizio infonde spavento nelle mie viscere, riempie di angoscia i miei pensieri. 

Ma è strano come io sappia tutto ciò, come io riconosca chiaramente quel che mi può giovare, e mi abbandoni tuttavia a tanto male. 
Io so quanto amaramente tutto mi sarà retribuito, e ciò nonostante faccio il male; conosco le opere buone e compio opere cattive. 
Leggo i libri spirituali scritti dallo Spirito Santo, che annunciano bensì il giudizio e il castigo, ma anche lo splendore delle nozze e il regno dei cieli. 
Leggo, ma non pratico;
insegno, ma non imparo. 
Sono ben versato nei libri sacri e nella loro lettura, ma sono ben lontano dal mio dovere. 
Leggo agli altri la Bibbia, ma nulla entra nel mio orecchio. Ammonisco ed esorto gli ignoranti, ma ciò che mi giova non lo attuo.
Spesso apro il libro, leggo e gemo; poi lo chiudo e ho già dimenticato tutto ciò che contiene. 
Quando la Scrittura è lontana dai miei occhi, anche i suoi insegnamenti sono lontani dalla mia mente. 
Che voglio da questo mondo, in cui sono entrato una volta sola, e da questo corpo pieno di mali, che mi sollecita alle brame perverse? 
Le sacre Scritture mi spaventano con il giudizio e la retribuzione; le brame perverse invece mi spingono a compiere le opere della carne... 
Perciò in te, o Signore, io cerco il mio rifugio da questo mondo perverso e da questo corpo pieno di mali, causa di ogni peccato. 
Per questo io ti grido, come già Paolo apostolo: 
Quando sarò liberato da questo corpo di morte?(Rm 7,2 4).
Mentre il mio intimo si strugge in queste dolorose riflessioni, sopraggiunge in me un altro stimolo che allontana dal mio cuore la tristezza. 

Misteriosamente sorge nel mio senso un pensiero consolante,
che mi consiglia al bene e mi porge la mano alla speranza. Vedo in spirito la penitenza che mi sta davanti, incoraggiante, e mi sussurra nelle orecchie una promessa consolatrice; rincuorandomi mi dice:
«Se tu qual peccatore ti affliggi che il pentimento sia inutile, di che cosa mai ti affliggi, o peccatore?».

«Proprio perché il rincrescimento e le lacrime mi ardono e torturano senza guadagno alcuno, io, guardando l’immensità dei miei peccati, mi sento precipitare nella disperazione». 
«Ascolta, o peccatore,-mi sussurra di nuovo la penitenza nell’orecchio -voglio impartirti un insegnamento salutare, voglio darti un consiglio vivificante! 
Ascoltami: ti mostrerò come tu possa piangere nel modo retto, affinché il tuo dolore ti sia utile e le tue lacrime ti giovino.
Non cadere nello scoraggiamento, non abbandonarti alla disperazione, non perder l’animo contemplando i tuoi debiti e non dimenticare i tuoi vantaggi. 
Il Signore è buono e misericordioso, egli brama di vederti alla sua porta e si rallegra se tu ti converti, riabbracciandoti con gioia. 
La tua colpa, tanto grande, non può essere neppur paragonata alla goccia più piccola della sua misericordia; egli ti purifica con la sua grazia dai peccati che ti dominano. 
Il mare dei tuoi peccati non può soffocare l’alito più tenue della sua misericordia, anzi, neppure l’ingiustizia di tutto il mondo può superare il mare della sua grazia.
«Anche se tu incedi oppresso dalla colpa e dai peccati, cessa ora le tue cattive azioni, avvicinati alla sua porta, ed egli ti accoglierà.

Non pensare di aver commesso troppi delitti, tanto da non esser più riammesso se ritorni; questo pensiero ti tratterrebbe dal fare penitenza.
Non guardare la quantità immensa dei tuoi peccati nascosti, perché tu non finisca per trascurare ciò che ti serve alla vita eterna. 
Il tuo Signore, infatti, può renderti puro da ogni colpa, può lavarti da ogni macchia.
Anche se la sozzura delle colpe fosse tanto penetrata in te come il colore nella lana, egli ti renderà bianco come la neve, secondo quanto sta scritto nel Profeta (Is 1,18). 
O peccatore, abbandona i tuoi misfatti, pentiti di ciò che hai perpetrato ed egli, nella sua misericordia, ti riaccoglierà. Tralascia le tue macchie e vieni da lui, ed egli ti riaccoglierà». «Sì, -mi dice la penitenza -io lo garantisco. 
Fa’ solo ciò che dico, o peccatore impuro, e il Signore buono ti accoglierà, ti riabbraccerà, come faccio io. 
O peccatore, se tu piangi e ti rammarichi per i tuoi delitti e poi ricorri fiducioso a lui, egli perdona le tue colpe e riversa su di te la pienezza della sua misericordia; egli infatti desidera e brama la tua conversione e si allieta vedendoti alla sua porta,
perché egli per i peccatori e i cattivi ha sopportato la morte e 

l’ignominia.
«E’ davvero così, come ti dico, o peccatore: amara e dolorosa è la pena che il delinquente si aspetta. 

I colpevoli saranno puniti nel fuoco orrendo, come dice la Scrittura (cf.Mc 9,47), quando vi sarà il giudizio. 
Ma sappi anche questo, o peccatore -mi soggiunge la penitenza -che non è in mio potere aiutare in un qualsiasi modo i colpevoli nell’aldilà. 
Chi non mi ascolta qui e non cerca rifugio sotto le mie ali, io non potrò più aiutarlo là, nell’altro mondo. 
Allora non mi sarà più concesso intercedere per il peccatore che quaggiù non si sarà affrettato a me per nascondersi sotto le mie ali. 
Ecco dunque il mio 16 consiglio o peccatore, per la tua salvezza: vieni da me finché sei in questo mondo, e per opera mia tu vivrai! Io supplico per te la sua grazia e il suo perdono e li muovo con le mie lacrime a far sì che la giustizia si volga in indulgenza. 
Mi presento alla grazia per scongiurarla, per supplicarla con le lacrime agli occhi, che usi misericordia per le tue colpe. Confido in essa: la grazia ascolterà la mia intercessione per te e si prodigherà, a pro tuo, a raddolcire la giustizia.
Sì, o peccatore, la grazia stessa ti prenderà, invisibile, per mano e si presenterà supplice alla giustizia, indirizzandole queste parole: O giustizia, tremenda più di ogni altra cosa: riguarda questo peccatore! Certo, ha peccato e si è macchiato, ma ora si è fatto penitente. 
Guardalo come trema, teme e si vergogna delle sue colpe passate, e con quali gemiti ti supplica di indulgergli.
Guarda i suoi sospiri e le sue lacrime, il suo pentimento e il suo intimo dolore, e rimettigli tutti i trascorsi, perché mai più ad essi ritornerà. 
Osserva come per la tristezza del suo cuore sta quasi per cader nella disperazione! 
Se non lo si incoraggia, va perduto. 
Porgigli dunque la mano e fagli udire la parola del perdono, affinché si rialzi subito nella speranza di esser nuovamente accolto, quando tornerà al Signore misericordioso!».
A tutti coloro che come me sono peccatori, ho detto tutto ciò, per suscitare in loro speranza, consolazione e pentimento. Sia lodato il Misericordiosissimo, il Benignissimo, che si rallegra quando ci convertiamo e ciriaccoglie lieto, con amore, senza esitazione. 

Sia lodato il Ricco di grazia, le cui porte stanno spalancate per i buoni e per i cattivi, che non chiudel’accesso alla grazia ai cattivi che si convertono. 
Sia lodato, perché dà a tutti la possibilità di raggiungere il regno: ai giusti con le loro virtù, ai peccatori con la penitenza. Sia lodato, perché per i peccatori ha abbandonato se stesso alla morte e all’ignominia, e ha accettato l’orrenda crocifissione per poter donare loro la vita.
 Sia lodato, perché per sua grazia ci ha creati, e poi è venuto a liberarci con la croce. 
Verrà di nuovo nel grande giorno della sua parusia per svegliare noi tutti. 
E rendici degni, o benigno, per la tua grazia, che in quel giorno del giudizio risplenda a noi la tua misericordia, e ci sia concesso, o Dio, di lodarti, con i tuoi santi per tutta l’eternità !

Da: Commento a «Guai a noi, che abbiamo peccato!»,
9-13

giovedì 3 marzo 2016

Basta la fede


Il mare è grande. 

Se vuoi scandagliarlo, verrai travolto dall’impeto delle sue onde. 
Un’onda sola può strapparti via e sbatterti contro uno scoglio. 
Ti basti, o debole uomo, poter dedicarti ai tuoi commerci su
una piccola nave.

Ma la fede è meglio, per te, che una nave sul mare.
Questa infatti è retta dai remi, tuttavia i flutti la possono far affondare; ma la tua fede non affonda mai, se la tua volontà non lo vuole.
Come sarebbe desiderabile per il marinaio regolar il mare a proprio volere! 

Ma in un modo egli la pensa, e in altro modo agisce l’onda. Solo nostro Signore dominò il mare, tanto che quello tacque e si placò.
Ma egli ha dato anche a te il potere di dominare, come lui, un mare, e di rabbonirlo. 

L’investigare è più amaro del mare, e il questionare è più tempestoso delle onde. 
Se si abbatte sul tuo spirito il vento della cavillosità, dominala, e appiana le sue onde! 
Come la burrasca mette sossopra il mare, così i cavilli conturbano il tuo spirito.
Nostro Signore domina, il vento cessa e la nave scivola in pace sulle onde.
Domina lo spirito capzioso, raffrenalo, e la tua fede sarà in pace. 

A ciò dovrebbero indurti anche le creature di cui conosci l’uso. 
Per esempio, tu non sei in grado di chiarire le sorgenti, purtuttavia non smetti di bere da loro.
E per il fatto poi di aver da loro bevuto, tu non pensi certo di averle comprese.
Anche di comprendere il sole tu non sei in grado, pur tuttavia non ti sottrai alla sua luce.

E per il fatto che questa scende a te (con i suoi raggi) tu non ti cimenti certo di salire verso la sua altezza. 
L’aria è per te un pegno, ma quanto essa sia estesa, tu non lo sai.
Dalle creature tu ricevi un aiuto e un’utilità limitati, e tuttavia lasci che il loro tesoro sconosciuto giaccia nel forziere.

Non ti vergogni di ciò che è da meno, e non desideri ciò che è da più. 
Queste opere del Creatore, dunque, ti insegnano come comportarti col Creatore stesso: che devi, cioè, cercare il suo
aiuto, ma devi anche tenerti lontano dal sofisticare sopra di lui. 

Accogli la vita dalla Maestà, ma non questionare su questa Maestà.
 Ama la bontà del Padre, ma non indagare la sua essenza. Ama e apprezza la mitezza del Figlio, ma non investigare sulla sua generazione. 
Ama il soffio dello Spirito Santo, ma non tentare di scandagliarlo. 
Il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo si sono manifestati col loro nome.
Il loro nome pondera, dunque, ma non indagarne le personalità. 
Se tu vuoi perscrutarne l’essenza, sei perduto; se credi nei nomi, vivrai.
Il nome del Padre sia per te una barriera: non oltrepassarla, cercando di scandagliare la sua natura.
Il nome del Figlio sia per te una muraglia: non superarla, cercando di scandagliare la sua generazione.
Il nome dello Spirito Santo sia per te una siepe: non scervellarti per comprenderlo. 
Questi nomi siano dunque per te la barriera e con questi nomi allontana ogni investigazione. 
Hai udito i nomi e la loro realtà: volgiti ai comandamenti. 
Hai udito la legge e i comandamenti: rivolgiti allora ai tuoi costumi. 
E quando i tuoi costumi sono perfetti, rivolgiti alle promesse. Non trascurare i comandamenti per applicarti a ciò che non è prescritto.
Hai avuto esperienza della verità con realtà manifeste, non perderti per realtà che sono nascoste.
La verità è descritta in poche parole, non instaurare su di essa lunghe ricerche. 
Che il Padre è, ciascuno lo sa; ma come egli è, non lo sa nessuno.
Che il Figlio è, noi tutti lo ammettiamo; ma la sua essenza e la sua bontà, non riusciamo a concepirla.
Ognuno riconosce lo Spirito Santo, nessuno osa scandagliarlo. 
Ammetti dunque che il Padre esiste, ma non ammettere che sia comprensibile.
Credi che il Figlio esiste, ma non credere che sia investigabile. 
Ritieni per vero che lo Spirito Santo esiste, ma non ritener per vero che possa esser conosciuto a fondo. 
Che essi sono uno, credilo e ritienilo vero; non dubitare però che essi siano tre. 
Credi che il Padre è il primo, ritieni per vero che il Figlio è il secondo; non dubitare che lo Spirito Santo è il terzo.
Mai il primogenito domina sul Padre, perché questi è il
dominatore.

Mai lo Spirito Santo manda il Figlio, perché questi è colui che lo manda.
Il Figlio, che siede alla destra, non si arroga mai il posto del Padre, come lo Spirito Santo non si arroga il ruolo del Figlio, da cui viene mandato.
Il Figlio gioisce per la sublimità di generato, e lo Spirito Santo gioisce per la sublimità di amato dal Padre. 
Solo gioia e concordia, unione e ordine dominano lassù. 
Il Padre conosce la generazione del Figlio, e il Figlio conosce il cenno del Padre;il Padre accenna, il Figlio comprende, lo Spirito Santo esegue. 
Là non vi è divisione, perché vi è un solo dovere; là non vi è confusione nell’unione, ma l’ordine più sublime. 
La loro unione non è confusione, la loro distinzione non è separazione. 
Il modo poi, in cui essi sono distinti e uniti, lo conoscono essi solo. 
Tu, rifugiati nel silenzio!
Da:La fede, 2,3-6

mercoledì 10 febbraio 2016

Meraviglie della polvere

Persino la polvere che è sotto i tuoi piedi è troppo alta per la tua ricerca. 
E se ciò, dunque, che è sotto di te, è troppo alto per te, come vorrai tu raggiungere quello che ti sta sopra? 
Se la polvere, cui sei pari di nascita, dalla quale sei stato tratto, ti è incomprensibile, come vorrai tu scrutare la divina maestà? 
E’troppo al di sopra della tua indagine. 
A vederlo, il suolo è semplice e meschino, eppure si presenta tanto complicato all’indagine.
E’unico, ma non è semplice: 
è ricco infatti di innumerevoli prodotti.
E’un grembo, umile e insignificante, che produce innumerevoli beni;
 è un forziere di ben poco valore, che tuttavia porge preziosi, senza numero. 
Il suolo partorisce e fa figli che sono da lui completamente diversi, e, a guardarli, non sono simili neppure tra di loro. 
Dal suo interno, tanto insignificante, nascono per noi meraviglie; dal suo interno, tanto meschino, sprizzano per noi ricchi tesori.
Tutto proviene da uno, perché dalla terra tutto esce.
La polvere della terra è, per sé, nemica di ogni senso:
 è un danno nel condotto uditivo,
è un disturbo negli occhi; intoppa le porte dell’udito, conturba la luce del volto.
Non è buona a nessun uso, eppure è la sorgente di ogni bene. 
Quantunque non sia adatta ai nostri usi, da lei ci viene tutto quello che è utile.
E’ostile a chi ha fame (perché non è commestibile) ed è la tavola degli affamati. 
La polvere è dannosa nella bocca, è il nutrimento del serpente maledetto; eppure per castigo divenne cibo del serpente, ma per misericordia la tavola di tutti.
Non è utile a chi mangia, eppure dispensa ogni alimento.
Danneggia chi guarda, eppure ci dona tutte le erbe medicinali. Disturba gli occhi, eppure apre gli occhi dei ciechi

 (cf. Gv 9,1ss); né da sé né come nutrimento ha qualche utilità.
Orsù, dunque: tu che osservi tutto ciò, ammira i tesori che la terra ci dona. 
E’ magra, ed è la fonte di ogni grasso;
è secca, e fa scaturire per noi le sorgenti. 
Dal terreno, che per sua natura è debole, ci viene il ferro e il metallo.
A guardarlo, è ben povero, eppure sprigiona oro e argento. 
E’ il tesoriere degli uccelli, la casa della selvaggina, la grande dispensa che nutre tutti: gli animali, i rettili, gli uomini.
Eppure vi è una cosa di più mirabile ancora, nel grembo della polvere, cosa che per la sua poca apparenza non la si osserva. 
Nel terreno crescono in pace, vicine tra di loro, le varie radici: presso quella dolce, quella amara; presso quella salutifera, quella mortale.
Dalla terra viene l’amaro del veleno, e dalla terra viene la dolcezza del medicinale. 
La radice amara raccoglie il suo veleno, senza che penetri in essa nulla di dolce; quella dolce raccoglie la propria soavità, senza comunicarla alle radici che la circondano.
Come può dunque questa polvere, tanto sprezzata, operare la crescita di ciascuna?

Ai frutti dona il loro sapore, e insieme il loro colore;
ai fiori il profumo e lo splendore.
Ai frutti procura saporosità, alle radici aroma. 
Alle infiorescenze dona beltà e riveste i fiori di magnificenza. E’ l’artista dei semi: intreccia il frumento per farne spighe, ne rinforza lo stelo con nodi, quasi come travature di un edificio, perché possa sostenere il frutto e resistere al vento. 
Quante mammelle ha la terra, e ciascuna ricca di umore! 
E’ stupendo che ne abbia tante, quante sono le radici, e che nutra quelle amare e quelle dolci, ciascuna a suo modo! E’stupendo che sia unico il seno da cui tutti i frutti provengono: da esso succhiano le radici e i frutti, quelle amare e questi dolci. 
Negli uni aumenta così la dolcezza, negli altri invece l’amarezza.
Se ciò è notevole nelle cose tra di loro separate, lo è molto di più in quelle che sono tra di loro strettamente connesse.

Lo stesso umore nella stessa pianta assume proprietà diverse. 
Così per esempio i frutti sono dolci, le foglie amare; anzi, il frutto, prima di maturare, è ancora molto amaro.
E’un esempio questo per i penitenti, i quali, alla fine, saranno dolci e accetti.
Se dunque la polvere, che tu pesti con i piedi, ti confonde, se ben la consideri, come potrai tu indagare la maestà di colui che ti sconcerta perfino con le sue opere più umili? 

Nulla ti appare più spregevole della polvere, nulla più povero di un tuo capello.
La polvere disprezzata è sotto di te, eppure tu non ne comprendi la grande ricchezza. 
Così i capelli sul tuo capo ti sconfiggono, perché tu non ne afferri né la natura, né il numero. 
Del mare e degli abissi, del cielo e degli astri non voglio neppure parlare. 
Il Creatore ti ha posto in mezzo a due creature tanto spregevoli: quella che ti sta sopra il capo (cioè i capelli) ti flagella, affinché tu non osi scrutare troppo l’Altissimo; quella che ti sta sotto i piedi (cioè la polvere) ti ammonisce di non voler misurare l’altezza eccelsa: con queste due povere creature ti ammaestra il Signore del creato. 
Frena dunque la tua temerarietà e non osare di affrontare il mistero! 

Da: La fede, 1,7-10

mercoledì 3 febbraio 2016

Ninnananna di Maria



Ho guardato stupito Maria che allatta colui che nutre tutti i popoli, ma sè fatto bimbo.
Dimorò nel seno di una fanciulla, colui che di sé riempie il mondo.
Una figlia di poveri è diventata madre del Ricchissimo, che si fece portare dall'amore .
C'è un fuoco nel seno della vergine, ma la vergine non vien bruciata da quella fiamma.
Un carbone acceso ha abbracciato Maria; essa lo porta in braccio e non ne è lesa.
La fiamma riveste il corpo ed è portata sulle mani da Maria.
Un gran sole si è raccolto e nascosto in una nube splendida.
Una fanciulla è diventata madre di colui che ha creato l’uomo e il mondo.
Essa portava un bambino, lo carezzava, lo abbracciava, lo vezzeggiava con le più belle parole e lo adorava dicendogli:
«Dimmi, maestro mio, di abbracciarti».
Poiché sei mio figlio, ti cullerò con le mie cantilene; sono tua madre, ma ti onorerò.
Figlio mio, ti ho generato, ma sei più antico di me; mio Signore, ti ho portato in seno, ma tu mi reggi in piedi.
La mia mente è sconvolta da timore, dammi la forza di lodarti.
Non so dire come tu stia zitto, quando so che in te rintronano i tuoni.
Sei nato da me come un bimbo, ma sei forte come un gigante; sei l'Ammirabile come ti chiamò Isaia, quando profetizzò di te.
Ecco sei tutto con me, eppure stai tutto nascosto nel Padre tuo.
Tutte le altezze del cielo son piene della tua maestà, eppure il mio seno non è stato troppo piccolo per te.La tua casa è in me e nei cieli.
Ti loderò coi cieli. I celesti mi guardano con ammirazione e mi chiamano
benedetta.
Mi sostenga il cielo col suo abbraccio, perché più di esso io sono stata onorata. Il cielo, infatti, non ti è stato madre ; ma tu lo facesti tuo trono.
La madre del re quant’è più venerabile del suo trono!
Ti benedirò, Signore, perché hai voluto che fossi tua madre,
tì celebrerò con belle cantilene.
O gigante che sorreggi la terra e volesti ch’ essa ti sorreggesse, sii benedetto.
Gloria a te,o ricco, che ti sei fatto figlio d’una poverella.
I l mio magnificat per te, che sei più antico di tutti, eppure, fatto bambino, scendesti in me.
Siedi sulle mie ginocchia; eppure su di te sta sospeso il mondo, le più alte vette e gli abissi più profondi.
Stringi il mio seno e sorreggi la terra, i mari e tutto ciò ch’è in essi.
Ecco il tuo cocchio è nei cieli, ed io ti porto sulle mie braccia.
Tu stai con me, e tutti i cori degli angeli ti adorano.
Mentre te ne stai stretto tra le mie braccia, sei portato dai Cherubini.
I cieli son pieni della tua gloria, eppure il seno d’una figlia della terra ti tiene tutto.
Tra i celesti abiti n e l f u o c o , e n o n b r u c i i t e r r e st r i .
I Serafini ti proclamano tre volte santo: cosa potrei, Signore, dirti di più?
I Cherubini t i b e n e d i c o n o tremando e puoi essere onorato dai miei canti?
Mi senta adesso e venga da me l’antica Eva, l’antica nostra madre; si sollevi il suo capo, il capo che fu abbassato sotto la vergogna dell’orto.
Scopra il suo viso e si rallegri con te, perché hai portato via la sua vergogna; senta la parola di pace piena, perché una sua figlia ha pagato il suo debito.
Il serpente, che la sedusse, è stato stritolato da te, germoglio che sei nato dal mio seno.
Il Cherubino e la sua spada per te sono stati rimossi, perché Adamo possa tornare nel paradiso, dal quale era stato espulso.
Eva e Adamo ricorrano a te e prendano da me il frutto della vita; per te si farà dolce quella loro bocca, che il frutto vietato aveva fatto amara.
I servi espulsi tornino per te, perché possano ottenere quei beni dei quali erano stati spogliati.
Sarai tu per loro una veste di gloria, per ricoprire la loro nudità».

Da Hymn. 18, 1-23

venerdì 20 marzo 2015

una vigna

Efrem di santa memoria era ancora bambino quando ebbe una rivelazione durante il sonno: una vigna era uscita dalla sua lingua, si era ingrandita e aveva coperto l’intera terra, da tanto era feconda. Tutti gli uccelli del cielo venivano a nutrirsene, ma più mangiavano i suoi frutti, più essa ne produceva.

mercoledì 19 febbraio 2014

La preghiera è uno specchio



La preghiera è uno specchio davanti al tuo volto,
Che appaiano Signore, la tua bontà e il tuo spledore.
Che il Maligno non vi abbia accesso,
perchè non lasci la sua impronta e la sua lordura.
Lo specchio capta l'immagine di colui che in esso si profila:
Che i nostri pensieri non invadano la nostra preghiera!
Possano i movimenti del tuo volto imprimervisi
e che lo specchio faccia vedere la tua Bellezza!

lunedì 2 dicembre 2013

La gloria di Maria, madre di Gesù


O mia cetra inventa nuovi motivi in lode di Maria Vergine, innalza la tua voce e canta la maternità tutta meravigliosa di questa vergine, figlia di David, che portò la vita al mondo.
Chi l`ama l`ammira e il curioso si tinge di vergogna e tace e non osa indagare su una madre che partorì, conservando la sua verginità. La cosa è difficilissima da spiegare. I contestatori non osino far inchieste su suo Figlio.
Il suo bimbo schiacciò il maledetto serpente e ne fracassò il capo, e risanò Eva dal veleno, che il dragone omicida aveva gettato contro di lei e l`aveva, col suo inganno, spinta nella morte.
Come il Monte Sinai, ti ho accolto e non sono stata bruciata dal tuo formidabile fuoco, perché tu hai fatto in modo che il tuo fuoco non mi nuocesse; non mi ha bruciata quella tua fiamma, che i Serafini non possono guardare.
Fu chiamato nuovo Adamo, colui che è l`etemo, perché abitò nella figlia di David e in lei, senza seme e senza dolori, si fece uomo. Benedetto il suo nome!
L`albero della vita, ch`era cresciuto in mezzo al paradiso non diede all`uomo un frutto che lo vivificasse; ma l`albero nato dal seno di Maria, diede se stesso all`uomo e gli donò la vita.
Il Verbo del Signore lasciò il suo trono, scese in una fanciulla e abitò in lei; essa lo concepì e lo diede alla luce. E` grande il mistero della Vergine purissima e supera ogni lingua.
Eva nell`Eden diventò rea; il malvagio serpente scrisse, firmò e sigillò la sentenza per cui i posteri, nascendo, venivano colpiti dalla morte.
L`antico drago vide, per il suo inganno, moltiplicato il peccato d`Eva; fu una donna che amò l`inganno del suo seduttore obbedì al demonio e precipitò l`uomo dalla sua dignità.
Eva divenne rea del peccato e a Maria fu passato il debito, perché la figlia pagasse i debiti della madre e lacerasse la sentenza che aveva trasmesso i suoi gemiti a tutte le generazioni.
Maria portava il fuoco nelle mani e stringeva la fiamma tra le braccia: dava le sue mammelle alla fiamma e dava il latte a colui che nutre tutte le cose. Chi può parlare di lei?
Gli uomini terreni moltiplicarono le maledizioni e le spine che soffocavano la terra, e vi introdussero la morte; il Figlio di Maria riempì tutto il mondo di vita e di pace. Gli uomini terreni introdussero nel mondo malattie e dolori e aprirono la porta alla morte, perché vi entrasse e vi passeggiasse; il Figlio di Maria prese sulla sua persona i dolori del mondo, per salvarlo.
Maria è sorgente limpidissima, senza nessun influsso di connubio: essa accolse nel suo seno il fiume della vita, che con le sue acque irrigò il mondo e vivificò tutti i morti. 
Santuario immacolato, in cui dimorò Iddio, gigante dei secoli, nel quale con un grande prodigio si operò il mistero per cui Dio si fece uomo, e un uomo dal Padre fu chiamato figlio.
Maria è la vite della benedetta stirpe di David; i suoi tralci produssero il grappolo d`uva pieno di sangue vivifico; bevve Adamo di quel vino e, risuscitato, tornò nell`Eden.
Due madri son comparse che generarono figli diversi: una generò un uomo che la maledisse, e Maria generò Dio, che riempie il mondo di benedizione.
Benedetta tu, Maria, figlia di David, e benedetto il frutto che ci hai dato. Benedetto il Padre che ci mandò il Figlio suo per la nostra salvezza, e benedetto lo Spirito Paraclito, che ci manifestò il suo mistero. Sia benedetto il suo nome.


Luca 1,26-38; Genesi 3,9-15.20; Salmo 97; Efesini 1,3-6.11-12


Efrem, Carmen 18, 1



giovedì 21 marzo 2013

Perché Gesú ha avuto paura della morte?




Al crepuscolo della notte in cui consegnò se stesso, egli distribuí il suo corpo e il suo sangue agli apostoli, ordinando loro di fare atrettanto in memoria della sua Passione.
Eppure, colui che raccomandò ai suoi discepoli di non aver paura della morte - "Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo" (Mt 10,28) -, come mai ha avuto paura della morte ed ha chiesto che il calice si allontanasse da lui (cf. Mt 26,39)?...
Egli ha avuto paura, cosí come ha avuto fame e sete, si è affaticato e ha dormito. Oppure, dice questo perché gli uomini non possano dire nel mondo: E` senza sofferenza e senza dolore che ha pagato i nostri debiti. O anche, per insegnare ai discepoli ad affidare la propria vita e la propria morte a Dio. In effetti,
se colui che è saggio della stessa sapienza di Dio ha chiesto ciò che per lui era bene, quanto piú occorre che gli ignoranti abbandonino la loro volontà a colui che sa tutto.
A meno che, per diffondere con la sua Passione la consolazione nei discepoli, egli non abbia voluto entrare nel loro sentimento, proponendosi come esempio, ed assunse in sé la loro paura, affinché la somiglianza della sua anima mostrasse che non bisogna gloriarsi della morte prima di averla subita. In effetti, se colui che non teme ha avuto paura ed ha chiesto di essere liberato, sapendo che ciò era impossibile,
quanto piú è necessario che gli altri perseverino nella preghiera prima della tentazione, per esserne liberati quando essa si presenta.
Infine, forse, perché nell`ora della tentazione le nostre anime sono tormentate in tutti i sensi e i nostri pensieri divagano, egli è rimasto in preghiera per insegnarci che è necessario pregare contro i complotti e le insidie del demonio, per poter padroneggiare con una preghiera incessante i dispersi pensieri. O semplicemente, è per confortare coloro che hanno paura della morte che egli ha esternato la propria paura, perché essi sappiano che tale paura non li induce in peccato se essa non perdura a lungo. "Non la mia, o Padre, ma la tua volontà sia fatta" (Lc 22,42), ossia che io muoia per ridare la vita a molti (cf. Is 53,11).






(Efrem, Diatessaron, 20, 3-7)

lunedì 4 marzo 2013

Tendete le vostre mani





“ Tendete le vostre mani
verso il ramo della Verità,
che i superbi non possono raggiungere.
Egli abbassò la sua maestà,
discese per sollevarci.
In questo ramo di Verità
si moltiplicano
i figli della Verità.
Cresciuti,
giunti a maturazione,
portano frutti di paradiso.
Gesù,
piega verso di noi il tuo amore,
lasciaci afferrare questo ramo
che tese i suoi frutti agli ingrati.
Essi ne mangiarono e lo disprezzarono.
Il ramo si inclinò sino all`inferno:
prese Adamo,
si rizzò,
lo depose in paradiso.
Benedetto colui che si è chinato verso di noi.
Il ramo ha vinto i re,
stende la sua ombra sul mondo intero.
Noi vogliamo essere crocifissi all`albero
di cui mangiamo il frutto.
Venite,
attacchiamoci all`albero
che ci dona il pane di vita.
Benedetto colui che ci accoglie alla sua ombra!
Benedetto colui che ci corona con la sua grazia.

mercoledì 6 giugno 2012

il disegno divino e il mondo spirituale


Fa’ risplendere, o Signore, il giorno luminoso della tua scienza e scaccia la notte tenebrosa dalla nostra mente, perché sia illuminata e ti serva nella novità della purezza.
 Il sorgere del sole segna l’inizio dell’attività dei mortali. 
Fa’, o Signore, che perduri nelle nostre menti il giorno che non conosce la fine.
 Donaci di vedere in noi stessi la vita della risurrezione e fa’ che nulla distolga il nostro spirito dalle tue gioie. 
Imprimi in noi, o Signore, il segno di questo giorno che non trae inizio dal sole, infondendoci una costante ricerca di te.
Ogni giorno noi ti accogliamo nei tuoi sacramenti e ti riceviamo nel nostro cuore. 
Facci degni di sperimentare nella nostra persona la risurrezione che speriamo. 
Con la grazia del battesimo abbiamo nascosto nel nostro essere il tuo tesoro, quel tesoro che si accresce alla mensa dei tuoi sacramenti. 
Concedici di gioire della tua grazia.
 Noi possediamo in noi stessi il tuo memoriale che attingiamo alla tua mensa spirituale. 
Fa’ che lo realizziamo pienamente nella rinascita eterna. 
Quella bellezza spirituale, che la tua immortale volontà suscita anche nella condizione umana, ci faccia comprendere quanto sia grande la nostra dignità. 
La tua crocifissione, o nostro Salvatore, pose fine alla vita del corpo. 
Concedici di crocifiggere spiritualmente la nostra anima. 
La tua risurrezione, o Gesù, faccia crescere in noi l’uomo spirituale.
Il contatto con i tuoi misteri sia per noi come uno specchio che ce lo faccia conoscere. 
Nel tuo piano divino, o nostro Salvatore, è configurato tutto il mondo della nostra salvezza. Concedici di seguirlo come uomini spirituali. 
Non privare, o Signore, la nostra mente della tua rivelazione divina e non togliere alle nostre membra il calore della tua comprensione. 
La natura mortale del nostro corpo ci conduce alla morte. 
Riversa su di noi il tuo amore divino, che cancelli dal nostro cuore gli effetti della mortalità. Concedici, o Signore, di affrettarci verso la nostra patria celeste e, come Mosè sul Sinai, fa’ che la possediamo per mezzo della tua rivelazione.


(dai “Discorsi” di sant’Efrem, diacono)

venerdì 13 maggio 2011

La croce di Cristo, salvezza del mondo



Il nostro Signore fu schiacciato dalla morte, ma a sua volta egli la calpestò come una strada battuta. Si sottomise spontaneamente alla morte, accettò volontariamente la morte, per distruggere quella morte, che non voleva morire. Nostro Signore infatti uscì reggendo la croce perché così volle la morte.
Ma sulla croce col suo grido trasse i morti fuori dagli inferi, nonostante che la morte cercasse di opporsi. 
La morte lo ha ucciso nel corpo, che egli aveva assunto.
Ma con le stesse armi egli trionfò sulla morte. La divinità si nascose sotto l'umanità e si avvicinò alla morte, la quale uccise e a sua volta fu uccisa. La morte uccise la vita naturale, ma venne uccisa dalla vita soprannaturale. Siccome la morte non poteva inghiottire il Verbo senza il corpo, né gli inferi accoglierlo senza la carne, egli nacque dalla Vergine, per poter scendere mediante il corpo al regno dei morti. Ma una volta giunto colà col corpo che aveva assunto, distrusse e disperse tutte le ricchezze e tutti i tesori infernali.
Cristo venne da Eva, genitrice di tutti i viventi. Ella è la vigna, la cui siepe fu aperta proprio dalla morte per le mani di quella stessa Eva che doveva, per questo, gustare i frutti della morte.
Eva, madre di tutti i viventi, divenne anche causa di morte per tutti i viventi.
Fiorì poi Maria, nuova vite rispetto all'antica Eva, ed in lei prese dimora la nuova vita, Cristo.
Avvenne allora che la morte si avvicinasse a lui per divorarlo con la sua abituale sicurezza e ineluttabilità.
Non si accorse, però, che nel frutto mortale, che mangiava, era nascosta la Vita.
Fu questa che causò la fine della inconsapevole e incauta divoratrice.
La morte lo inghiottì senza alcun timore ed egli liberò la vita e con essa la moltitudine degli uomini.
Fu ben potente il figlio del falegname, che portò la sua croce sopra gli inferi che ingoiavano tutto e trasferì il genere umano nella casa della vita. Siccome poi a causa del legno il genere umano era sprofondato in questi luoghi sotterranei, sopra un legno entrò nell'abitazione della vita. Perciò in quel legno in cui era stato innestato il ramoscello amaro, venne innestato un ramoscello dolce, perché riconosciamo colui al quale nessuna creatura è in grado di resistere.
Gloria a te che della tua croce hai fatto un ponte sulla morte. Attraverso questo ponte le anime si possono trasferire dalla regione della morte a quella della vita. Gloria a te che ti sei rivestito del corpo dell'uomo mortale e lo hai trasformato in sorgente di vita per tutti i mortali.
Tu ora certo vivi.
Coloro che ti hanno ucciso hanno agito verso la tua vita come gli agricoltori.
La seminarono come frumento nel solco profondo.
Ma di là rifiorì e fece risorgere con sé tutti.
Venite, offriamo il nostro amore come sacrificio grande e universale, eleviamo cantici solenni e rivolgiamo preghiere a colui che offrì la sua croce in sacrificio a Dio, per rendere ricchi tutti noi del suo inestimabile tesoro.


Dai «Discorsi» di sant'Efrem, diacono.
(Disc. sul Signore, 3-4. 9; Opera, ed. Lamy, 1, 152-158. 166-168)