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sabato 6 dicembre 2014

Il mio Dio non è un dio duro

Il mio Dio non è un dio duro,
impenetrabile, insensibile, stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile.
E' della mia razza. 
E io della sua,
Lui è uomo e io quasi Dio.
Perchè io potessi assaporare la divinità
Lui amò il mio fango.
l'amore ha reso fragile il mio Dio.
il mio Dio conobbe l'allegria unama,l'amicizia,
il gusto della terra e delle sue cose.
il mio dio ebbe fame e sonno e si riposò.
il mio Dio fu sensibile.
il mio Dio si irritò, fu passionale.
e fu dolce come un bambino.
il mio Dio fu nutrito da una madre,
e sentì e bevve tutta la tenerezza femminile.
il mio Dio tremò dinanzi alla morte.
Non amò il dolore, non fu mai amico della malattia .
Per questo curò gli infermi.
Il mio Dio patì l'esilio. 
fu perseguitato e acclamato.
Amò tutto quanto è umano, il mio Dio:
le cose e gli uomini, 
il pane e la donna;
i buoni e i peccatori.
il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
E' difficile per tanti il mio Dio fragile.
il mio Dio che piange,
il mio Dio che non si difende.
E' difficile il mio Dio
abbandonato da Dio.
il mio Dio che deve morire 
per trionfare.
E' difficile il mio Dio Fragile
per quelli che continuano a sognare un Dio
che non somigli agli uomini.

mercoledì 8 ottobre 2014

Montagne




Montagne,
soffiate giù la nebbia,
vieni, inverno;
e resterò come sospesa,
in un  bianchissimo buio.

Adriana Zarri
poesie


venerdì 3 ottobre 2014

Oh, dite che cos’è davvero Amore




Per alcuni Amore è un fanciullo,
e per altri un uccello,
per alcuni governa il mondo,
il che per altri è assurdo:
ma quando chiesi al mio vicino che 
sembrava lo sapesse,
la moglie si è seccò e ribattè
che non era suo interesse.

Assomiglia a un pigiama
o a un prosciutto vecchio e scipito?
Il suo odore fa pensare a un lama,
o avrà un buon profumo di pulito?

Al tatto è acuto spino
o d’oca soffice piumino?
è aguzzo o liscio fuori?
oh, dite che cos’è davvero Amore.

I libri di storia ne parlano
in note misteriose,
ed è un argomento consueto
nei viaggi di crociera;
l’ho visto menzionato nei
racconti di suicidio,
e scarabocchiato perfino 
sull’orario dei treni.

Fa l’urlo d’un famelico alsaziano
o come una fanfara un gran baccano?
Lo imiterà nel modo meno incerto
una sega o uno Steinway da concerto?

Quando canta alle feste la furore?
Soltanto roba classica gli piace?
E quando vuoi il silenzio, anche lui tace?
Oh, dite che cos’è davvero Amore.

Sono andato a vedere nel bersò, 
non ci aveva mai messo piede,
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead
e l’aria salubre di Bringhton.

Non so che cosa mi cantasse il merlo
O che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio
né era finito sotto il letto.

Fa straordinarie smorfie forse?
Sull’altalena gli gira la testa?
Passa tutto il suo tempo alle corse
o pizzicando qualche corda pesta?
Sul denaro s’è fatto proprie idee?

Rende a quella di Patria il giusto onore?
Storie allegre racconta, pur pleblee?
Oh, dite che cos’è davvero Amore.

Quando viene, imprevisto s’avvicina 
mentre mi metto le dita nel naso?
Busserà alla mia porta la mattina?

O sul tram mi schiaccia un piede a caso?
Giunge improvviso come un temporale, 
saluta da villano o da signore?
Per la mia vita, è un cambio radicale?
Oh, dite che cos’è davvero Amore. 





W.H. Auden:







































venerdì 12 settembre 2014

Coplas sopra un’estasi di alta contemplazione



Entrai dove non sapevo,
e  restai senza sapere
ogni scienza trascendendo.

Non sapevo dove entravo:
ma, come là mi vidi,
 ignorando dove fossi
grandi cose penetrai;
non  dirò quel che sentivo
perché continuai a non sapere
ogni scienza trascendendo.
        
Di pace e pietà
perfetta sapienza;
in profonda solitudine
la dritta via compresa;
cosa tanto segreta
che restai balbettante
ogni scienza trascendendo.

Ero così sommerso,
così assorto e straniato,
che il miei sensi restarono
spogliati di ogni sentire;
e la menta infusa
intendeva senza intendere
ogni scienza trascendendo.

Chi là giunge veramente
di se stesso è spossessato;
quanto prima conosceva
cosa infima gli appare;
e tanto cresce la sua scienza
che gli resta in insipienza
ogni scienza trascendendo.

Quanto più salivo in alto
tanto meno capivo
come una nube di buio
rischiarasse la notte;
per questo chi l’ha vista
resta sempre in non – sapere
ogni scienza trascendendo.

Questo ignaro sapere
ha così alta potenza
che i savi coi loro argomenti
non possono vincerlo;
perché il loro sapere non giunge
a non intendere intendendo
ogni scienza trascendendo.

È tanta la pienezza
di questa somma sapienza
che né facoltà né scienza
possono a lei misurarsi;
chi saprà vincere se stesso
in un ignaro sapere
vivrà sempre in trascendenza.

E, se lo volete sapere,
consiste questa somma sapienza
in un esaltato sentire
dell’essenza divina;
ed è opera della sua clemenza
che si resti in non sapere
ogni scienza trascendendo.




giovedì 11 settembre 2014

Il vestito di porpora di Gesù Crocifisso




Ti hanno lasciato nudo,
 Signore, 
oh avessero fatto così!

Io vorrei che ti avessero negato perfino questa veste.

Con eccessiva ricchezza ti hanno rivestito di te stesso,

aprendo nel tuo fianco un guardaroba di porpora.

Oh non potevano darti un abito migliore di questo

da indossare, di questo fatto col tuo stesso sangue


martedì 2 settembre 2014

Già vidi uscir de l'onde una matina



Già vidi uscir de l'onde una matina
il sol di ragi d'or tutto iubato,
e di tal luce in facia colorato
che ne incendeva tutta la marina;
e vidi a la rogiada matutina
la rosa aprir d'un color sì infiamato
che ogni luntan aspetto avria stimato
che un foco ardesse ne la verde spina;
e vidi aprir a la stagion novella
la molle erbetta, sì come esser sòle
vaga più sempre in giovenil etade;
e vidi una legiadra donna e bella
su l'erba coglier rose al primo sole
e vincer queste cose di beltade.

 Boiardo Maria Matteo 

I’ mi trovai, fanciulle


I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino 
di mezzo maggio in un verde giardino. 

Erano intorno vïolette e gigli 

fra l’erba verde, e vaghi fior novelli, 

azzurri, gialli, candidi e vermigli: 
ond’io porsi la mano a côr di quelli 
per adornare e mie biondi capelli, 
e cinger di grillanda el vago crino. 
Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo, 
vidi le rose, e non pur d’un colore; 
io colsi allor per empier tutto el grembo, 
perch’era sì soave el loro odore 
che tutto mi senti’ destar el core 
di dolce voglia e d’un piacer divino. 
I’ posi mente quelle rose allora: 
mai non vi potrei dir quanto eron belle! 
Quale scoppiava dalla boccia ancora 
quale eron un po’ passe e qual novelle. 
Amor mi disse allor: “Va’ co’ di quelle 
che più vedi fiorire in sullo spino”. 
Quando la rosa ogni sua foglia spande, 
quando è più bella, quando è più gradita, 
allora è buona a mettere in ghirlande, 
prima che suo bellezza sia fuggita. 
Sì che, fanciulle, mentre è più fiorita, 
cogliàn la bella rosa del giardino. 




Angelo Poliziano

Sono contento, quando vedo cambiare la signoria


Sono contento, quando vedo cambiare la signoria,
quando i vecchi lasciano il loro posto ai giovani,
e ognuno può lasciare dietro a sé, nella sua stirpe,
tutti i figli, che almeno uno possa perpetuare la sua prodezza.
Allora mi sembra  che il secolo si rinnovi meglio
 che per fiori e per canto di uccelli.
Ugualmente chi, dama o signore, 
può cambiare un  vecchio con un giovane deve affrettarsi a farlo.
Considero vecchia la donna che non ha più capelli,
ed è vecchia, quando non ha più cavaliere;
considero vecchia quella che tiene due amanti;
ed è vecchia quando si concede a un uomo vile.
Vecchia la considero, se ama nel suo castello,
ed è vecchia, se fa ricorso ai sortilegi;
la considero vecchia infine, quando i giullari l’annoiano,
ed è vecchia quando è troppo ciarliera.
E’ giovane la dama che sa onorare nobiltà,
ed è giovane se compie nobili azioni.
Si mantiene giovane quando ha nobile sentire
 e non adopera modi spregevoli, per acquisire buona fama.
Si mantiene giovane quando ha cura del suo bel corpo 
ed è giovane quando si comporta bene.
Si mantiene giovane quando non va troppo curiosando
 ed evita di comportarsi sconvenientemente con un bel giovane.
Giovane è un uomo che impegna i suoi beni,
ed è giovane quando è in grandi strettezze;
giovane appare quando l’ospitaità gli costa molto,
ed è giovane quando regala generosamente.
Giovane appare quando brucia cofano e forziere,
e allestisce  corti e giostre.
Giovane appare sa ben corteggiare
 ed è giovane quando gli piace giocare.
Vecchio è l’uomo ricco quando nulla mette in pegno,
benché gli avanzi frumento, e vino lardo.
Vecchio lo considero quando imbandisce uova e formaggio
in un giorno in cui si può mangiare carne, a sé e ai compagni.
Appare vecchio, quando porta la cappa sul mantello,
vecchio, quando può chiamare suo il cavallo,
vecchio è, quando vuole stare in pace anche un giorno solo,
e vecchio quando può svignarsela senza godere.
Questo mio sirventese sul vecchio e sul giovane
lo porti il giullare Arnaldo a Riccardo, che lo protegga;
e che egli non voglia ammassare vecchio tesoro,
perché può, con un tesoro giovane, guadagnare molto pregio.

Bertrand von Born

sabato 30 agosto 2014

Meravigliosamente


Meravigliosa-mente 
un amor mi distringe, 
e mi tene ad ogn'ora. 
Com'om, che pone mente 
in altro exemplo pinge 
la simile pintura, 
così, bella, facc'eo, 
che 'nfra lo core meo 
porto la tua figura.


In cor par ch'eo vi porti, 
pinta come parete, 
e non pare difore. 
O Deo, co' mi par forte 
non so se lo sapete, 
con' v'amo di bon core; 
ch'eo son sì vergognoso 
ca pur vi guardo ascoso, 
e non vi mostro amore.


Avendo gran disio, 
dipinsi una pintura, 
bella, voi simigliante, 
e quando voi non vio 
guardo 'n quella figura, 
e par ch'eo v'aggia davante; 
come quello che crede 
salvarsi per sua fede, 
ancor non veggia inante.


Al cor m'arde una doglia, 
com' om che ten lo foco 
a lo suo seno ascoso, 
e quanto più lo 'nvoglia, 
allora arde più loco, 
non pò star incluso: 
similemente eo ardo, 
quando pass'e non guardo 
a voi, vis' amoroso.


S'eo guardo, quando passo, 
inver' voi no mi giro, 
bella, per risguardare; 
andando, ad ogni passo 
getto un gran sospiro 
ca facemi ancosciare; 
e certo bene ancoscio, 
c'a pena mi conoscio, 
tanto bella mi pare.


Assai v'aggio laudato, 
madonna, in tutte parti, 
di bellezze c'avete. 
Non so se v'è contato 
ch'eo lo faccia per arti, 
che voi pur v'ascondete: 
sacciatelo per singa 
zo ch'eo no dico a linga, 
quando voi mi vedite.


Canzonetta novella, 
va' canta nuova cosa; 
lèvati da maitino 
davanti a la più bella,

fiore d'ogn'amorosa, 
bionda più c'auro fino: 
”Lo vostro amor, ch'è caro, 
donatelo al Notaro 
ch'è nato da Lentino”



Amore è uno desio che ven da’ core


Amor è un desio che ven da core
per abbondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.
 
    Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nascimento:
 
     che li occhi rappresentan a lo core
d'onni cosa veden bono e rio,
com'è formata naturalmente;
 
      e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e li piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.





martedì 6 maggio 2014

Canzone di primavera







Quando erba nuova e nuova foglia nasce
e sbocciano i fiori sul ramo,
e l’usignolo acuta e limpida
leva la voce e dà principio al canto,
gioia ho di lui, ed ho gioia nei fiori,
e gioia di me, e più gran gioia di madonna:
da ogni parte son circondato e stretto di gioia,
ma quella e gioia che tutte l’altre avanza.

Tanto amo madonna e l’ho cara,
e tanta reverenza e soggezione ho per lei,
che di me non ardii parlare mai
e nulla chiedo da lei, nulla pretendo.
Ma ella conosce il mio male e il mio duolo
e quando le piace mi benefica e onora,
e quando le piace io sopporto la mancanza dei suoi favori,
perché a lei non ne venga biasimo.

Mi meraviglio come posso resistere
che non le manifesti il mio talento:
quand’io veggo madonna e la miro,
i suoi begli occhi le stanno cosi bene!
A stento mi tengo dal correre a lei.
Così farei, se non fosse per timore,
chè mai vidi corpo meglio modellato e colorito
agli uffici d’amore così tardo e lento.

Sola vorrei trovarla
che dormisse o fingesse di dormire,
per involarle un dolce bacio,
poiché non ho tanto ardire da chiederglielo.
Per Dio, donna, poco profittiamo d’amore:
fugge il tempo, e noi ne perdiamo la miglior parte.
Intenderci dovremmo a segni copertamente ,
e poiché ardir non ci vale, ci valga scaltrezza.

S’io sapessi gettar l’incantesimo,
i miei amici diventerebber bamboli,
si che niuno saprebbe immaginare
né dire cosa che ci tornasse a danno.
Allora so che potrei rimirare la più gentile
ed i suoi occhi belli e il fresco viso,
e baciarle le labbra per davvero
si che per un mese ve ne parrebbe il segno.

Ahimè, come muoio dal fantastichare!
Spesso vanisco tanto in fantasie,
che briganti potrebbero rapirmi
e non m’accorgerei di che facessero.
Per Dio, Amore, ben facile ti fu soppraffar me
scarso d’amici e senza protettore!
Perché una volta madonna così non diristringi
prima ch’io sia distrutto dal desìo.



Bernart De Ventadorn

Quando son lunghe le giornate


Quando son lunghe le giornate, a maggio
mi piace dolce canto d'uccelli di lontano,

e quando me ne sono dipartito
mi rimembro un amore di lontano.
Vado crucciato in cuore ed avvilito, 
sì che canto né fior di biancospino.


M'aggrada più dell'inverno gelato.
Giammai d'amore non prenderò gioia
se non di quest'amore di lontano,
ché più bella non so, né più valente, 
in nessun luogo, vicino o lontano.
Tanto suo pregio è verace e perfetto
che laggiù, nel reame dei Saraceni,
io bramerei, per lei, essere schiavo.

Triste e gioioso me ne partirò, 

se vederlo mai possa, l'amore di lontano,
ma non so quando alfine lo vedrò,
ché i nostri paesi son troppo lontano:
lungo è il viaggio, per terra e per mare,
e non posso perciò far previsioni; 
ma così sia tutto come Dio vuole.

Ben conoscerò gioia, quando le chiederò

per amore di Dio l'ospizio di lontano,
e se a lei piace, sarò ospitato
vicino a lei, benché sia di lontano. 
Allora si parranno i cortesi conversari,
quando amante lontano sarà così vicino
che di belle parole godrà conforto.


Ben tengo per verace il Signore

per cui vedrò l’amore di lontano; 
ma per un bene che me ne tocca,
soffro due mali, tanto m’è lontano.
Ah! foss’io là pellegrino,
sì che il mio bordone e il mio saio
fossero mirati dai suoi occhi belli.


Dio che tutto creò quanto viene e va

e formò questo amore di lontano,
mi dia, potere come io ne ho volere
che veda questo amore di lontano,
per davvero, e così intimamente
che la camera e il giardino
abbiano sempre a sembrarmi una reggia.

Dice il vero chi ghiotto mi chiama

e bramoso d'amore di lontano:
niun'altra gioia tanto mi piace.
Come gioire d'amore di lontano.
Ma ciò che vorrei m'è negato,
ché tal sorte gettò su me il mio padrino:
ch'io amassi senz'essere amato.


Ma ciò che vorrei m'è negato.

Maledetto sia sempre il padrino
che mi gettò la sorte di non essere amato.



Jaufre Rudel

mercoledì 26 febbraio 2014

Dio, come posso concepire l'ora


.......Siamo adagiati sul nulla,
siamo il suo balsamo
fasciamo ogni squarcio,
ma tu diventi sempre più vago
all'ombra  del tuo volto.

tratto da Dio come posso concepire l'ora tua, (il libro delle ore)

Dio, come posso concepire l'ora, la tua




Dio
come posso concepire l'ora,
 la tua
quando per darle perfezione e forma nello spazio 
innanzi a te ponesti la parola? 
Per te il niente era una ferita 
e la curasti creando il mondo....



tratto da   Dio,  come posso concepire l'ora, la tua, Il libro delle ore

E' l'ora mi sfiora



Giro intorno a Dio
intorno all'antica torre 
 e giro da millenni 
e ancora non so
se sono un falco
una tempesta 
o un lungo canto


tratto da E' L'ora mi sfiora, il libro delle ore

mercoledì 5 febbraio 2014

Al sole



Oh lasciatemi  qui seduto contro il muro, al sole!
Voglio godermi il sole della primavera
qui contro il muro,
come un mendicante,
qui al sole,
come Diogene,
qui come un rospo,
che pare un piccolo idropico Budda,
qui sulle grigie pietre,
come come una verde lucertola.
Voglio godermi questo tiepido sole.
Che importano tutti i miei dolori?
Che importano tutte le amarezze?
Non vedete ch'io sto al sole
Come su un grande trono d’oro?
Ogni filo umile d’erba è d’oro
è d’oro una pagliuzza,
i cenci del mendico sono un manto d’oro,
maschere d’oro portano i malati,
quando tu splendi, o sole.
O sole, incoronazione del mondo!


Corrado Govoni 

venerdì 11 maggio 2012

LA RETE




Ma tu lo sai di cosa è fatta una rete? 
Una rete è fatta di vuoti, 
è fatta d’aria, è fatta di vento e di luce ... 
è fatta di un niente ... e poco altro ... 
Eppure... 
una rete sa abbracciare con dolcezza, 
sa trattenere pesci guizzanti, 
sa trascinare carichi e sollevare pesi incredibili, 
rimargina ferite, assorbe urti, 
imbriglia massi pericolanti, 
tiene insieme e non imprigiona, 
protegge, nasconde, salva ... 
Una rete è forte e leggera, 
sa far vedere senza essere vista
impedisce e consente, lega e non costringe ...
A una rete ti aggrappi, ti sostieni, risali ... 
Ecco, la famiglia è una “rete”; 
quando si tace e quando si ha paura, 
quando si piange e quando si discute, 
quando in casa fa freddo e non si parla, 
quando da “uno” si diventa “tanti”, 
quando le braccia si tengono conserte, 
le mani sono chiuse e gli occhi bassi, 
quando la porta invoglia a andare via ... 
E se un filo si rompe a questa rete ... 
che un Buon Pastore mi raccolga 
e, seduto da parte sulla spiaggia, 
con pazienza ed Amore, mi ripari: 
sono una “madre”,
 quel “poco altro” di una rete ....
amen