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domenica 10 giugno 2012

Guardaci Signore Gesù, affinchè sappiamo piangere le nostre colpe


Lo sguardo di Gesù e le lacrime di Pietro,  che ha rinnegato il Signore, ma poi si è amaramente pentito, stimolano sant’Ambrogio a una delle sue più ardenti preghiere. Il tema delle lacrime è sentito dal Santo con particolare vibrazione. Pietro si rattristò e pianse, perché sbagliò, come tutti sbagliano.
 Lacrime preziose, che lavano la colpa! Si mettono a piangere coloro ai quali Gesù volge il suo sguardo 
Pietro negò una prima volta, e tuttavia non pianse, poiché il Signore non lo aveva guardato.
Negò una seconda volta, ma non pianse, poiché il Signore non lo aveva guardato ancora.
Rinnegò una terza volta e pianse un pianto amarissimo.



Guardaci, Signore Gesù, affinché sappiamo piangere il nostro peccato.
Dei santi anche la caduta ci è di vantaggio:
non ci ha danneggiati il rinnegamento di Pietro, ci ha invece giovato il suo ravvedimento.
Pietro pianse, con la più profonda amarezza,
per poter lavare con le lacrime la sua colpa.
Sciogli anche tu, fratello,
nelle lacrime la tua colpa, se vuoi meritare il perdono.
Se ti avviene di sbagliare, Cristo ti è accanto
come testimone delle tue segrete azioni
e ti guarda perché te ne ricordi e confessi il tuo errore.
Imita Pietro,
quando per la terza volta esclama:
“ Signore, tu sai che io ti voglio bene”
Tre volte aveva rinnegato, e per tre volte fa la sua professione.
Aveva rinnegato nella notte,
e alla luce del giorno dichiara il suo amore.
Insegnaci, o Pietro, quanto ti abbiano giovato le lacrime.
Eri caduto prima di piangere,
ma dopo aver pianto
fosti scelto per governare gli altri,
tu che prima non eri riuscito a governare te stesso.

(Amb. Exps. Ev. Luc., X, 87-90.92.)

Annunzia Signore la tua Parola


Sant’Ambrogio trasforma in orazione il Salmo 80, 8: 

“ Nell’oppressione mi hai invocato e io ti ho liberato; 
ti ho esaudito nel segreto della tempesta; 
ti ho messo alla prova nell’acqua di contraddizione “ 


Nei momenti di tribolazione, quando le lotte si scatenano intorno a noi e l’intimo è pervaso da paure, infuria terribile nei cuori la tempesta; siamo immersi nella contraddizione, quando i nostri pensieri ondeggiano come ribolle l’onda del mare, e nella profondità dell’animo nessuna forza spirituale sa placarli! Allora solo la parola di Cristo, che rimette i peccati, riesce a portare bonaccia.

Annunzia, Signore Gesù, questa parola:
la tua parola è medicina; 
la tua parola è raggio di sole;
la tua parola è lavacro per la nostra impurità; 
la tua parola è acqua sorgente.
Tu l’annunzi e la colpa viene lavata.

(Amb., Comm. 12 Salmi, 45, 3)

lunedì 11 luglio 2011

Rinasciamo dall’acqua e dallo Spirito Santo

Dal trattato «Sui misteri» (Nn. 8-11; SC 25 bis, 158-160)




Che cosa hai visto nel battistero? L’acqua certamente, ma non essa sola: là c’erano i leviti che servivano e il sommo sacerdote che interrogava e consacrava. Prima di ogni altra cosa l’Apostolo ti ha insegnato che non dobbiamo «fissare lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili invece sono eterne» (2 Cor 4, 18). E altrove tu leggi che «dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità» (Rm 1, 20) è riconosciuta attraverso le sue opere.
Per questo il Signore stesso dice: «Anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere» (Gv 10, 38). Credi dunque che là vi è la presenza della divinità. Crederesti, infatti, alla sua azione e non crederesti alla sua presenza? Come potrebbe seguirne l’azione, se prima non precedesse la presenza? Considera, del resto, come questo mistero è antico e prefigurato fin dall’origine stessa del mondo. In principio, quando Dio fece il cielo e la terra, «lo Spirito», dice il testo, «aleggiava sulle acque» (Gn 1, 2). Forse non agiva quello che aleggiava? Riconosci che era in azione quando si costruiva il mondo, mentre il profeta ti dice: «Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Sal 32, 6). Sulla testimonianza profetica sono appoggiate ambedue le cose: che aleggiava e che operava. Che aleggiasse lo dice Mosè, che operasse lo attesta Davide. Ecco un’altra testimonianza. Ogni uomo era corrotto a causa dei suoi peccati. E soggiunge: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne» (Gn 6, 3). Con ciò Dio dimostra che con l’immondezza della carne e con la macchia di una colpa assai grave la grazia spirituale si allontana. Così Dio, volendo ristabilire quello che aveva dato, fece venire il diluvio e ingiunse a Noè, giusto, di salire nell’arca. Cessando il diluvio, prima mandò fuori il corvo, in un secondo tempo fece uscire la colomba, la quale, a quanto si legge, ritornò con un ramo d’olivo. Tu vedi l’acqua, tu vedi l’arca, tu osservi la colomba, e dubiti del mistero? L’acqua è quella nella quale viene immersa la carne perché sia lavato ogni suo peccato. In essa è sepolta ogni vergogna. Il legno è quello al quale fu affisso il Signore Gesù quando pativa per noi. 
La colomba è quella nella cui figura discese lo Spirito Santo, come hai imparato nel Nuovo Testamento: lo Spirito Santo che ti ispira pace nell’anima e tranquillità alla mente.


sabato 2 luglio 2011

Canterò con lo spirito, ma anche con l’intelligenza

Dal "Commento sui salmi"

Che cosa di più dolce di un salmo? Per questo lo stesso Davide dice splendidamente: "Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene " (Sal 146, 1). Davvero! Il salmo infatti è benedizione per i fedeli, lode a Dio, inno del popolo, plauso di tutti, parola universale, voce della Chiesa, professione e canto di fede, espressione di autentica devozione, gioia di libertà, grido di giubilo, suono di letizia.
Mitiga l’ira, libera dalle sollecitudini, solleva dalla mestizia, protezione nella notte, istruzione nel giorno, scudo nel timore, festa nella santità, immagine di tranquillità, pegno di pace e di concordia che, a modo di cetra, da voci molteplici e differenti ricava un’unica melodia. Il salmo canta il sorgere del giorno, il salmo ne fa risuonare il tramonto. Nel salmo il gusto gareggia con l’istruzione. Nello stesso tempo si canta per diletto e si apprende per ammaestramento.
Che cos’è che non trovi quando tu leggi i salmi? In essi leggo: "Canto d’amore" (SaI 44. 1) e mi sento infiammare dal desiderio di un santo amore. In essi passo in rassegna le grazie della rivelazione, le testimonianze della risurrezione, i doni della promessa. In essi imparo ad evitare il peccato, e a non vergognarmi della penitenza per i peccati. Che cos’è dunque il salmo se non lo strumento musicale delle virtù, suonando il quale con il plettro dello Spirito Santo, il venerando profeta fa echeggiare in terra la dolcezza del suono celeste? Modulava gli accordi di voci diverse sulle corde della lira e dell’arpa, che sono resti di animali morti, e così innalzava verso il cielo il canto della divina lode.
In tal modo ci insegnava che prima si deve morire al peccato e solamente dopo si può stabilire in questo corpo la varietà delle diverse opere di virtù con le quali rendere al Signore l’omaggio della nostra devozione. Davide ci ha dunque insegnato che bisogna cantare, che bisogna salmeggiare nell’intimo del cuore come cantava anche Paolo dicendo: "Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza " (1 Cor 14, 15).
Davide ci ha detto che bisogna formare la nostra vita e i nostri atti alla contemplazione delle cose superne, perché il piacere della dolcezza non ecciti le passioni del corpo, dalle quali la nostra anima è oppressa e non liberata. Il santo profeta ci ha ricordato che egli salmeggiava per liberare la sua anima e per questo disse: "Ti canterò sulla cetra, o santo d’Israele. Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato" (Sal. 70, 22-23).

Il dolce libro dei salmi

Dal "Commento sui salmi"

Tutta la Scrittura divina spira la bontà di Dio, tuttavia lo fa più di tutto il dolce libro dei salmi. Pensiamo a quanto fece Mosè. Egli descrisse le gesta degli antenati sempre con stile piano. Vi furono circostanze, però, nelle quali sentì il bisogno di innalzarsi ad altezze liriche. Così quando in quel memorabile evento fece passare attraverso il Mare Rosso il popolo dei padri, vedendo il re Faraone sommerso con il suo esercito, dopo aver compiuto cose superiori alle sue forze, si sentì profondamente ispirato e cantò al Signore un inno trionfale.
Anche Maria, la profetessa, prendendo il cèmbalo, esortava le altre sue compagne dicendo: "Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato in mare cavallo e cavaliere!" (Es 15, 21). La storia ammaestra, la legge istruisce, la ‘profezia predice, la correzione castiga, la buona condotta persuade, ma nel libro dei salmi vi è come una sintesi di tutto questo e come una medicina dell’umana salvezza.
Chiunque li legge, trova di che curare le ferite delle proprie passioni con uno speciale rimedio. Chiunque voglia lottare, guardi quanto si dice nei salmi e gli sembrerà di trovarsi nella pubblica palestra delle anime e nello stadio delle virtù e gli si offriranno diverse specie di gare. Si scelga fra queste quella alla quale si riconosce più adatto, per giungere più facilmente alla corona del premio.
Se uno ama di ripercorrere e di imitare le gesta degli antenati, troverà tutta la storia dei padri raccolta in un solo salmo, e si procurerà con una breve lettura un vero tesoro per la memoria. Se altri vuol conoscere la forza dell’amore della legge, che tutta sta nel vincolo dell’amore, poiché "pieno compimento della legge è l’amore" (Rm 13, 10), legga nei salmi con quanto sentimento di amore uno solo si è esposto a gravi pericoli per respingere il disonore di tutto un popolo e in questa trionfale prova di valore riconoscerà una non minore gloria di amore.
E che dirò del carisma profetico? Ciò che altri hanno annunziato in maniera confusa, solamente a Davide appare promesso con chiarezza ed apertamente. Sentì, infatti che il Signore Gesù sarebbe nato dalla sua stessa stirpe, come gli disse Dio: Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono! (Sal 131, 11).
Nei salmi Gesù non solamente è preannunziato nella sua nascita per noi, ma accetta anche la sua passione, come causa di salvezza. Per noi muore, risorge, sale al cielo, siede alla destra del Padre. Ciò che nessun uomo avrebbe mai osato dire, lo ha annunziato il salmista profeta e poi lo ha predicato nel vangelo lo stesso Signore.