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venerdì 7 novembre 2014

Sessualità e sensualità




A prima vista, pare strano (ma poi forse non lo è) il fatto che virilismo e femminilismo possan coesistere con una certa carenza sessuale. E infatti quando siano rifiuto della controparte ed arrogante imposizione della propria , essi non sono esuberanza bensì visione chiusa e narcisista del sesso: essendo propria della sessualità la carica che la spinge verso l’altro ed essendo nascosto in ogni “altro” un richiamo perfino ormonico (per non dire di quello psicologico) che lo collega alla proprio controparte. Il sesso, come del resto la persona, il sesso sia proprio la forza socializzante; e quindi un povero rapporto esprime una povera sessualità. Virilismo e infemminimento, essendo un’anomala e povera dialettica, vanno di pari passo con la carenza sessuale. I due fatti non sono compatibili ma sono correlati, non essendo altro che i due aspetti di quella povertà. Si tratta di una povertà molto grave. Considerando la ricchezza e la fantasia del sesso non si può che rimpiangere il fatto che un movimento così turgido e denso, così folle e perduto, entri in misura così scarsa nella contemplazione quasi che non ne fosse degno o che la preghiera non lo riguardasse. Se la castità, che giustamente la chiesa tiene in grande onore, fosse un congelamento delle energie sessuali e non invece una loro esaltazione, non sarebbe virtù; se la verginità, che un po’ meno giustamente pretende di imporre al di la di quell’ambito monastico che le è proprio, se ne segnasse la morte, sarebbe un delitto contro l’uomo e contro la sua preghiera. Fortunatamente non è così e la “castrazione per il regno” non fa che rinviare direttamente a Dio ciò che, di solito, gli giunge tramite l’amore umano, così come il matrimonio è sacramento proprio in quanto la passione del sesso si rende tramite dell’amore di Dio. Tenuto conto di questo, e in accordo col discorso biblico, si può ben dire che la maniera più adeguata di pregare e di parlare della preghiera (ce lo confermano i mistici) sia il rifarsi alla forza sessuale perché la preghiera è, si un rapporto di soggezione, di figliolanza e di amicizia ma è soprattutto un innamoramento; e dell’innamoramento ha la fiducia, l’ardire, il fervore, l’ombrosità e il linguaggio; dell’innamoramento ha la valenza sessuale e sensuale.

Adriana Zarri

Tratto da teologia e antropologia della preghiera




Neutralizzazione sessuale della preghiera





Ma la chiesa – che rispecchia il rapporto difficile tra uomo e donna- non sembra ancora rispecchiare, almeno nei suoi vertici, quella stima del sesso che pure è tipica della nostra stagione storica. Il valore della bipolarità umana viene riconosciuto astrattamente ma il nostro tessuto psicologico è ancora allergico e spaurito e lo tiene ai margini della preghiera. Forse teme contaminazioni. Il nostro modo di pregare è sotto il segno dell’asessualità. Nella liturgia qualche arrischiato versetto del Cantico (e si rimpiange che non sia più in latino), subito neutralizzato da interpretazioni ultrasimboliche; e per il resto come se la sessualità non esistesse. Forse ammettiamo il virilismo e l’infennimento perché avvertiamo, nell’inconscio che, in essi, la sessualità è già neutralizzata e decurtata, esorcizzata, imbavagliata. Ma della pienezza sessuale ci ricordiamo per la procreazione e per l’amore no; tanto meno per la preghiera. Vi sono anzi non pochi moralisti che- forse scambiando il sesso per la pornografia che ne è, essa pure, il deterioramento rattrappito – deplorano l’eccessiva esaltazione della sessualità. Essi sembrano aver dimenticato che è proprio il sesso a costituire l’uomo a immagine di Dio; che in Israele, la consacrazione religiosa avveniva in un rito sessuale; che il rapporto con il suo popolo – da Osea a Isaia, da Geremia a Ezechiele, da Paolo a Giovanni, per non dire del Cantico – viene esaltato in termini sponsali. Non solo quindi l’uomo sessuato è immagine di Dio ma il suo amore sessuale è immagine dell’amore di Dio. Davvero nessuna esaltazione potrebbe superare quella bibblica. E d’altra parte questa tematica della Scrittura sorge sul terreno dell’arcaica esperienza esistenziale che ha sempre avvertito l’unione dei sessi come qualcosa di non rinchiuso in sé ma proiettato al di là di se stesso, in una pregnanza cosmica e mistica che ne faceva un gesto altamente religioso. I grandi temi del dare e del ricevere, del cielo e della terra, della ricerca e dell’attesa, della potenza del Creatore e della capienza della creatura, coagulati ed espressi nell’incontro dell’uomo e della donna, da cui discende il prolungarsi della vita, erano già presenti e conferivano all’amore la dignità di un rito, ancora prima che la Bibbia ne traducesse i termini nell’area religiosa ebraica.Le cerimonie dell’iniziazione, le unioni rituali sulle semine, la stessa prostituzione sacra – in cui la capacità dell’amplesso di stabilire un rapporto con Dio passava attraverso donne a lui particolarmente votate, secondo un modulo di mediazione che, mutatis mutandis, è analogo a quello del sacerdozio- sono le cifre di un discorso che è stato raccolto dalla Bibbia ma lasciato o spesso mistificato dai cristiani.


Adriana Zarri