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venerdì 25 febbraio 2011

Avvicinatevi al Signore e sarete illuminati



Dalla «Spiegazione dell'Ecclesiaste» di san Gregorio di Agrigento, vescovo
(Lib. 10, 2; PG 98, 1138-1139)




E' dolce, dice l'Ecclesiaste, questa luce (cfr. Qo 11, 7) ed è cosa assai buona per la vista dei nostri occhi contemplare questo sole visibile. Tolta infatti la luce, il mondo sarebbe senza bellezza e la vita senza anima. Perché quel primo contemplativo di Dio che fu Mosè disse: E Dio vide la luce e disse che era una cosa buona (cfr. Gn 1, 3).

Ma a noi conviene considerare la grande, vera ed eterna luce che «illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1, 9) cioè Cristo Salvatore e redentore del mondo, il quale, fattosi uomo, scese fino all'infimo grado della condizione umana. Di lui dice il profeta Davide: Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, fate strada a colui che ascende ad occidente, a colui che si chiama Signore; ed esultate al suo cospetto (cfr. Sal 67, 5). Ha chiamato dolce la luce ed ha preannunziato come cosa buona il vedere coi propri occhi il sole della gloria, vale a dire colui che al tempo della divina incarnazione disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12). E di nuovo: «E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo» (Gv 3, 19). Il Signore promise di sostituire la luce che vediamo cogli occhi corporei con quel sole spirituale di giustizia che è veramente dolcissimo per coloro che sono stati ritenuti degni di essere ammaestrati da lui. Essi hanno potuto vederlo con i loro occhi quando viveva e s'intratteneva in mezzo agli uomini come un uomo qualunque, mentre invece non era uno qualunque degli uomini. Era infatti anche vero Dio, e per questo ha fatto sì che i ciechi vedessero, gli zoppi camminassero e i sordi udissero; ha mondato i malati di lebbra e con un semplice comando ha richiamato i morti alla vita.

Ma anche adesso è cosa veramente dolcissima volgere verso di lui gli occhi spirituali e contemplare e considerare la sua semplice e divina bellezza, essere illuminati e innalzati da questa stessa partecipazione e comunicazione, essere ricolmati di spirituale dolcezza, rivestirsi di santità, acquistare intelligenza, e infine essere ripieni di divina esultanza e sperimentarla tutti i giorni della vita presente. Ciò ha rivelato il sapiente Ecclesiaste quando disse: Poiché anche l'uomo vivrà per molti anni e in tutti questi troverà gioia (cfr. Qo 6, 3). Infatti di ogni gioia è interamente autore il Sole di giustizia, per quelli che lo contemplano. A questi il profeta Davide rivolge la sua esortazione: «Esultino davanti a Dio e cantino di gioia» (Sal 67, 4), e nuovamente: «Esultate, giusti, nel Signore: agli uomini retti si addice la lode» (Sal 32, 1).

giovedì 24 febbraio 2011

L'anima mia esulti nel Signore

Dalla «Spiegazione dell'Ecclesiaste» di san Gregorio di Agrigento, vescovo
(Lib. 8, 6; PG 98, 1071-1074)

Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi con cuore lieto il tuo vino perché Dio ha già gradito le opere tue (Qo 9, 7).
Potremmo prendere queste parole come una sicura e sana norma di saggezza umana per la vita di tutti i giorni. Tuttavia la spiegazione anagogica ci porta ad una considerazione più alta, e ci insegna a considerare il pane celeste e mistico che è disceso dal cielo e ha portato la vita nel mondo. Così pure bere il vino spirituale con cuore sereno significa dissetarsi di quel vino che uscì dal costato della vera vite, al momento della sua passione salvifica. Di essi così parla il vangelo della nostra salvezza: Avendo preso del pane, dopo averlo benedetto, Gesù disse ai suoi discepoli: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi in remissione dei peccati. Similmente prese anche il calice e disse: Bevetene tutti: questo è il mio sangue della nuova alleanza, sparso per voi e per molti in remissione dei peccati (cfr. Mt 26, 26-28). Coloro dunque che mangiano questo pane e bevono questo mistico vino gioiscono ed esultano e possono esclamare a gran voce: Hai portato la gioia nel nostro cuore (cfr. Sal 4, 7).
A mio giudizio, è proprio a questo pane e a questo vino che si riferisce la Sapienza di Dio sussistente, cioè Cristo nostro salvatore, quando ci invita alla comunione vitale con se stesso, Verbo divino. Lo fa con le parole del libro dei Proverbi: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato» (Pro 9, 5). Coloro ai quali viene rivolto questo invito, devono compiere opere di luce, in modo da avere le loro anime splendenti non meno della luce stessa, come dice il Signore nel vangelo: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 5, 16). Anzi in tal caso vedranno scendere sul loro capo anche l'olio, cioè lo Spirito di verità, che li proteggerà e li preserverà da ogni maleficio di peccato.