martedì 29 marzo 2011

LA NOSTRA PACE NON DOBBIAMO PORLA NEGLI UOMINI

Libro III Capitolo XLII 

O figlio, se la tua pace l'attendi da qualcuno, secondo il tuo sentimento e il piacere di stare con lui, avrai sempre incertezza ed impacci. Se, invece, tu ricorrerai alla verità, sempre viva e stabile, non sarai contristato per l'abbandono da parte di un amico; neppure per la sua morte. Su di me deve essere fondato l'amore per l'amico; in me deve essere amato chi ti appare degno e ti è particolarmente caro in questa vita; senza di me non regge e non dura l'amicizia; non c'è legame d'amicizia veramente puro, se non sono io ad annodarlo. Perciò tu devi essere totalmente morto ad ogni attaccamento verso persone che ti siano care così da preferire, per quanto sta in te, di essere privo di ogni umana amicizia. Tanto più ci si avvicina a Dio, quanto più ci si ritira lontano da ogni conforto terreno. Tanto più si ascende in alto, a Dio, quanto più si entra nel profondo di noi stessi, persuadendosi di non valere proprio nulla. Che se uno, invece, attribuisce a sé qualcosa di buono, questi ostacola la venuta della grazia divina il lui; giacché la grazia dello Spirito Santo cerca sempre un cuore umile. Se tu sapessi annichilirti e uscire da ogni affetto di quaggiù, liberandoti da ogni attaccamento di questo mondo, allora, certamente, io verrei a te, con larghezza di grazia; infatti, quando guardi alle creature, ti si sottrae la vista del Creatore. Per amore del Creatore, dunque, vinci te stesso, in tutte le cose; così potrai giungere a conoscere Dio. Se una cosa, per quanto piccola sia, la si ama e ad essa si guarda non rettamente, questa ti ostacola la via verso il sommo Dio, e ti corrompe.

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