domenica 22 maggio 2011

La Notte oscura Libro I CAPITOLO 6

Ove si parla delle imperfezioni relative alla gola spirituale.

Circa il quarto vizio, che è la gola spirituale, c'è davvero molto da dire. Quasi nessuno dei principianti, per quanto virtuoso sia, evita di cadere in qualcuna delle numerose imperfezioni provocate da questo vizio, a motivo del gusto che, agli inizi, prova nelle pratiche di pietà. Molti di loro, ingolositi dal piacevole gusto che provano in tali esercizi, cercano più il sapore dello spirito che la purezza del cuore e la debita discrezione, virtù da Dio richieste e a lui accette lungo il cammino spirituale. Così, oltre all'imperfezione che commettono ricercando questi piaceri, la loro golosità li spinge a pretendere ancora di più, superando i limiti del giusto mezzo, dove risiede e si consolida la virtù. Attratti dal gusto che provano, alcuni si ammazzano a forza di penitenze e altri si debilitano con i digiuni, dandosi a pratiche superiori alle proprie forze, senza l'ordine e il consiglio di nessuno; addirittura sfuggono a chi dovrebbero obbedire in tale caso; alcuni, poi, non temono di fare il contrario di quanto è stato loro comandato. 
Costoro sono molto imperfetti, sono persone irragionevoli. Lasciano da parte la sottomissione e l'obbedienza, che sono la penitenza della ragione e della volontà pur sapendo che questo è il sacrificio a Dio gradito più di qualsiasi altra cosa e della stessa penitenza corporale. Questa non è che una penitenza animale, verso la quale si è portati al pari degli animali, mossi dal piacere che si prova in questo esercizio. Ora, poiché gli eccessi sono cattivi e in questo modo di fare tali persone seguono la loro volontà, crescono nei vizi anziché nella virtù: acquistano quanto meno gola spirituale e superbia, perché non seguono la via dell'obbedienza in quello che fanno. D'altra parte, il demonio domina molti di costoro al punto di spingerli alla gola, eccitando i loro gusti e appetiti. Così questi poveri principianti, non potendo resistergli, cambiano, aggiungono o modificano ciò che viene loro comandato, perché l'obbedienza su questo punto è per loro molto dura. Alcuni di loro arrivano a un tale eccesso che, per il fatto di praticare per obbedienza certi esercizi di pietà, perdono la voglia e la devozione di farli: ma questo non perché sono loro comandati, bensì perché loro unico gusto e voglia è seguire le proprie inclinazioni. Forse sarebbe meglio per loro non praticare simili esercizi di pietà. 
Vedrete molti di costoro insistere con i maestri spirituali per ottenere ciò che a loro piace, e metà lo ottengono quasi per forza. In caso contrario, si rattristano come bambini, si mostrano svogliati e credono di non servire Dio quando non li si lascia fare quello che vorrebbero. Infatti, essendo attaccati ai loro gusti e alla loro volontà, che considerano loro dio, quando queste cose vengono loro tolte affinché aderiscano alla volontà divina, si rattristano, si abbattono e si scoraggiano. Credono di servire Dio e di farlo contento, se loro sono contenti e soddisfatti. 
Vi sono poi altri che, a motivo del vizio della gola, conoscono così poco la loro bassezza e miseria e trascurano talmente l'amoroso timore e il rispetto che devono alla maestà divina, che non esitano a insistere molto con i loro confessori per avere il permesso di comunicarsi spesso. Il peggio è che molto sovente osano comunicarsi senza il permesso e il consiglio del ministro di Cristo e dispensatore dei suoi doni. Seguendo solo il proprio giudizio, cercano di nascondergli la verità. A tale scopo, per potersi comunicare, si confessano alla meglio, desiderando più il comunicarsi che comunicarsi con una coscienza pura e ben disposta. Al contrario, sarà più giusto e lodevole avere una disposizione diversa e pregare il confessore di non farli accostare alla comunione tanto spesso; sebbene, tra questi due estremi, la cosa migliore sia la rassegnazione umile, tuttavia la cosa che genera più mali e attira castighi su di loro è la temerarietà. 
Quando si comunicano, tutta la preoccupazione consiste nel cercare qualche sensazione e qualche gusto più che nell'adorare e lodare umilmente Dio presente in loro. E si attaccano tanto a quest'idea che, se non vi trovano qualche gusto o consolazione sensibile, pensano di non aver fatto nulla. Questo è un modo molto umano di giudicare Dio. Non comprendono che il vantaggio più piccolo che procuri il santissimo sacramento è proprio il diletto dei sensi, mentre il più grande, quello invisibile, è la grazia divina. Ciò spiega perché Dio, molto spesso, nega gusti e favori sensibili, proprio perché non li considerano con gli occhi della fede. Essi, invece, vogliono sentire e gustare Dio come se fosse comprensibile e accessibile, non solo su questo punto, ma anche negli altri esercizi di devozione. Tutto questo denota una grande imperfezione e una fede impura, contraria alla natura di Dio. 
Tali persone si comportano allo stesso modo nella preghiera. Pensano che questa consista esclusivamente nel provare gusto e devozione sensibile. E cercano di provarne, come si dice, a forza di braccia, stancandosi e rompendosi la testa. Se poi non vi riescono, si abbattono profondamente, pensando di non aver combinato nulla. A motivo di questa loro pretesa perdono la vera devozione e lo spirito di preghiera, che consiste nel perseverarvi con pazienza e umiltà, diffidando di se stessi, per piacere solo a Dio. Così, quando qualche volta non sentono piacere in tale o tal altro esercizio di pietà, provano dispiacere e ripugnanza a ripeterlo e a volte finiscono per abbandonarlo. Come ho detto, somigliano ai bambini che non si muovono e non agiscono secondo la ragione, ma secondo i loro gusti. Essi spendono tutte le loro energie nel cercare la gioia e le consolazioni spirituali. Non si stancano mai di leggere libri e di passare da una meditazione all'altra, e vanno a caccia della soddisfazione del proprio piacere nelle cose di Dio. Ma il Signore, molto giustamente, con discrezione e amore, nega queste cose, proprio perché non cresca questa loro golosità e la loro avidità spirituale non li induca in mali senza fine. Essi hanno estremo bisogno d'entrare nella notte oscura, di cui parlerò tra poco, per purificarsi da queste fanciullaggini. 
Quelli che si sentono così inclini alla ricerca dei loro gusti, cadono in un'altra imperfezione ancora più grande: si tratta d'un'eccessiva debolezza e tiepidezza nel seguire l'aspro sentiero della croce. Difatti l'anima che cerca le dolcezze, naturalmente rifiuta tutta l'amarezza della rinuncia personale. 
I principianti cadono in molte altre imperfezioni che derivano da questo non saper rinunciare. Ma il Signore li cura in tempo con tentazioni, aridità e prove che fanno parte della notte oscura. Per non dilungarmi, non ne parlo qui. Mi limito solo a dire che la sobrietà e la temperanza spirituale presentano un carattere assai diverso di mortificazione, timore e sottomissione in tutto. Dobbiamo constatare che la perfezione e il valore dei nostri atti non dipendono dalla quantità e dal piacere che vi proviamo, ma dal saper rinnegare noi stessi mentre li pratichiamo. I principianti, perciò, devono fare tutto il possibile, per quanto sta in loro, finché Dio li purificherà di fatto, introducendoli nella notte oscura. Ma poiché sto tardando a parlarne, mi affretto dunque a finir di trattare delle imperfezioni. 









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