venerdì 28 ottobre 2011

Le sollecitudini della Provvidenza divina per l'uomo




Dal «Dialogo della divina Provvidenza»
 di santa Caterina da Siena, vergine
(Cap. 135; libero adattamento; 
cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, II, pp. 439-441)


    Il sommo ed eterno Padre con benignità ineffabile rivolse l'occhio della sua clemenza verso l'anima, dicendole: «O carissima figliuola mia, voglio mostrare la mia misericordia al mondo e in ogni necessità provvedere alle mie creature ragionevoli in tutte le loro aspirazioni. Ma l'uomo ignorante cambia in morte quello che io do per la vita, e così si fa crudele a sé medesimo. Io provvedo sempre, e tutto ciò che io ho dato all'uomo è somma provvidenza.
    Con provvidenza lo creai. Quando riguardai in me medesimo, mi innamorai della mia creatura e volli crearla a mia immagine e somiglianza come dono della mia provvidenza. Perciò mi feci premura di darle la memoria perché ritenesse i benefici miei. La resi anche partecipe della mia potenza di Padre eterno.
    Le diedi l'intelletto perché nella sapienza dell'unigenito mio Figlio conoscesse e comprendesse con quanto fuoco d'amore aprii a lei i tesori delle mie grazie. Le diedi la capacità e la volontà di amare, rendendola partecipe del dono di amore dello Spirito Santo, perché potesse amare colui che aveva conosciuto con l'intelletto.
    Questo fece la dolce mia provvidenza solo perché ella fosse capace di intendere e di gustare me, e godere dell'eterna mia bontà nell'eterna mia visione. Il cielo era chiuso per colpa d'Adamo. Egli non si rese conto della sua dignità e non considerò con quanta provvidenza e amore ineffabile io l'avevo creato. Così cadde nella disobbedienza e con essa venne a lui e a tutti i suoi discendenti ogni genere di male.
    Per togliere via questa morte ho provveduto l'uomo di quanto era necessario. Gli diedi il Verbo cioè l'Unigenito mio Figlio e l'ho liberato dalla sua condizione con grande sapienza e provvidenza.
    Volli che diventasse ubbidiente e così fosse in grado di eliminare quel veleno che aveva bevuto per la disubbidienza. Cristo, mosso dall'amore, accettò l'ubbidienza e corse alla morte obbrobriosa della croce e con la morte restituì la vita, non certo per i meriti dell'uomo, ma per concessione divina».

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