martedì 31 gennaio 2012

Soffri per le mie pecorelle


Il Figlio dell'uomo non e venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20,28). Ecco come il Signore ha servito, ecco quali servi esige che noi siamo. Diede la sua vita in riscatto per molti: ci ha redento. 
Chi di noi è capace di redimere qualcuno? Noi siamo stati redenti per mezzo del suo sangue e riscattati da morte per mezzo della sua morte e della sua umiltà, noi che eravamo prostrati, siamo Stati innalzati; ma anche noi dobbiamo portare la nostra piccola parte alle sue membra. Egli è la testa, noi il corpo. 
Anche l'apostolo Giovanni nella sua lettera ci rivolge l'esortazione a seguire l'esempio del Signore. Cristo aveva detto: Colui che vorra essere il prinio tra voi, sifara vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non e venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Mt 20,2728). t questo il modello che l'apostolo ci consiglia di seguire quando dice: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (I Gv 3,16). 
Il Signore, dopo aver espresso a Pietro il mandato di pascere le sue pecorelle, rivolgendosi ancora a lui, che, rispondendo, confessava il suo amore e condannava e ripudiava l'antica sua pusillanimità, aggiunse: Quando eri.più giovane ti cingevi la veste dia solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingera la veste e ti portera dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avi‑ebbe glorificato Dio (Gv 21,19). Gli annunziò la sua croce, gli predisse la sua passione. 
Continuando il colloquio, il Signore gli disse: Pasci le mie pecorelle (Gv 21,16), cioè soffri per le mie pecorelle.


Dai «Discorsi» di sant'Agostino
(Dìscorso sulla consacrazione episcopale, PLS 2, 639‑640)

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