mercoledì 13 giugno 2012

Mi rimetto interamente a Dio, sperando pienamente in lui


Mia cara Margherita, io so che, per la mia cattiveria, meriterei di esser abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, poiché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza. Egli ha reso il re favorevole verso di me, tanto che finora si é limitato a togliermi solo la libertà. Dirò di più. La grazia di Dio mi ha fatto così gran bene e dato tale forza spirituale da farmi considerare la carcerazione come il principale dei benefici elargitimi.
Non posso, perciò, dubitare della grazia di Dio. Se egli vorrà, potrà mantenere benevolo il re nei miei riguardi, al fine che non mi faccia alcun male. Ma se decide ch’io soffra per i miei peccati, la sua grazia mi darà certo la forza di accettare tutto pazientemente, e forse anche gioiosamente. La sua infinita bontà, per i meriti della sua amarissima passione, farà sì che le mie sofferenze servano a liberarmi dalle pene del purgatorio e anzi ad ottenermi la ricompensa desiderata in cielo.
Dubitare di lui, mia piccola Margherita, io non posso e non voglio, sebbene mi senta tanto debole. E quan’anche io dovessi sentire paura al punto da essere sopraffatto, allora mi ricorderai di san Pietro, che per la sua poca fede cominciò ad affondare nel lago al primo colpo di vento, e farei come fece lui, invocherei cioé Cristo e lo pregherei di aiutarmi. Senza dubbio allora egli mi porgerebbe la sua santa mano per impedirmi di annegare nel mare tempestoso. Se poi egli dovesse permettere che imiti ancora in peggio san Pietro, nel cedere, giurare e spergiurare (me ne scampi e liberi nostro Signore nella sua amorissima passione, e piuttosto mi faccia perdere, che vincere a prezzo di tanta bassezza), anche in questo caso non cesserei di confidare nella sua bontà, sicuro che egli porrebbe su di me il suo pietosissimo occhio, come fece con san Pietro, e mi aiuterebbe a rialzarmi e confessare nuovamente la verità, che sento nella mia conoscenza. Mi farebbe sentire qui in terra la vergogna e il dolore per il mio peccato.
Ad ogni modo, mia Margherita, io so bene che senza mia colpa egli non permetterà mai che io perisca. Per questo io mi rimetto interamente in lui pieno della più forte fiducia. Ma facendo anche l’ipotesi della mia perdizione per i miei peccati, anche allora io servirei a lode della giustizia divina. Ho però ferma fiducia, Margherita, e nutro certa speranza che la tenerissima pietà di Dio salverà la mia povera anima e mi concerderà di lodare la sua misericordia. Perciò, mia buona figlia, non turbare mai il tuo cuore per alcunché mi possa accadere in questo mondo. Nulla accade che Dio non voglia, ed io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio.
(Da: Correspondence, ed. by E. F. Rogers, Princeton, 1947, pp. 530-532)

Dalla «Lettera» di Tommaso More, scritta in carcere alla figlia Margaret Roper.

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