Non so perché io mi strugga per te ancora, Arda di risolcare il tuo flutto incostante; Udrà lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte, Il tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue. Eppure t'ho veduto sferzare i fianchi della nave Furioso, con la frusta a mille code; E, anche t'ho veduto, come la Galilea, Quando Gesù s'avviò tranquillo alla barca di Simone. E ho veduto la tua lene brezza, dolce Come quella d'estate, quando sommuove i campi del grano; E ho veduto la tua raffica rude e gagliarda Scoprire a mezzo il ventre delle navi nel sole. Tu sai come ammansire la vita più selvaggia, Tu sai come umiliare i grandi e gli orgogliosi Io penso a quell'Armada le cui vele rigonfie, Avide e ampie, vennero inghiottendo ogni nube. Ma ho visto il giovanetto marinaio, imberbe e annegato, Disteso sulla riva, dalla tua mano crudele Posata sul tenero mento una barba d'alghe marine, Gli occhi di cielo ricolmi d'ignobile sabbia. E tuttavia mi struggo per te ancora, Ardo di risolcare il tuo flutto incostante: Udrà lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte, Il tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue. | |
venerdì 7 febbraio 2014
Sogni marinari
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento