venerdì 7 febbraio 2014

Sogni marinari




Non so perché io mi strugga per te ancora,
Arda di risolcare il tuo flutto incostante;
Udrà lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte,
Il tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue.

Eppure t'ho veduto sferzare i fianchi della nave
Furioso, con la frusta a mille code;
E, anche t'ho veduto, come la Galilea,
Quando Gesù s'avviò tranquillo alla barca di Simone.

E ho veduto la tua lene brezza, dolce
Come quella d'estate, quando sommuove i campi del grano;
E ho veduto la tua raffica rude e gagliarda
Scoprire a mezzo il ventre delle navi nel sole.

Tu sai come ammansire la vita più selvaggia,
Tu sai come umiliare i grandi e gli orgogliosi
Io penso a quell'Armada le cui vele rigonfie,
Avide e ampie, vennero inghiottendo ogni nube.

Ma ho visto il giovanetto marinaio, imberbe e annegato,
Disteso sulla riva, dalla tua mano crudele
Posata sul tenero mento una barba d'alghe marine,
Gli occhi di cielo ricolmi d'ignobile sabbia.

E tuttavia mi struggo per te ancora,
Ardo di risolcare il tuo flutto incostante:
Udrà lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte,
Il tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue.

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