venerdì 22 agosto 2014

I messaggi espressivi del corpo


 Il linguaggio della preghiera non è fatto soltanto di parole,  non è fatto soltanto di silenzio, non è fatto soltanto di spirito e di cuore; è fatto anche di corpo, di sensi, di gesti. 
E se la disposizione contemplativa è soprattutto un’attitudine di attesa di essa comporta anche un ascolto del corpo e della molteplicità dei suoi messaggi : un corpo che dobbiamo imparare a sentirci addosso, con la pelle calda, i suoi odori, le sue antenne protese, i suoi pori di accoglienza: messaggi che vanno dai gesti ai suoni, ai contatti, agli odori in ci sono impegnati tutti i sensi.
 Penso ad esempio, ai messaggi olfattivi, così carichi e densi di richiami animali e sessuali. Le bestie comunicano attraverso gli odori; ma anche gli  sono sensibili  a questo alfabeto del mondo e del corpo: dal profumo fresco e innocente d’erba nuova all’aroma austero delle piante all’odore forte, denso e carnale delle more  mature e della pelle sudata.
Anche del sudore abbiamo vergogna: lo serbiamo soltanto alla retorica del “sudor della fronte” e per il resto il nominarlo non è secondo le buone maniere. Perciò abbiamo inventato il termine “traspirazione”, più elegante e pulito. E forse il nostro modo innaturale di vivere favorisce in  effetti  proliferazioni batteriche con odori sgradevoli e malsani; ma a lavorare a torso nudo, sotto al sole, un sudore sano gronda dalla pelle calda e aereata, esaltando l’odore vero dell’uomo. Anche questo ci ha dato ombra  e abbiamo inventato i deodoranti in cui qualcuno ha visto un tentativo di neutralizzazione sessuale. E in effetti – al di fuori di casi di particolare sgradevolezza- spesso il deodorante cancella l’odore dell’uomo, neutralizzando messaggi vitali. Gli animali si riconoscono all’odore. Anche le madri  di campagna, un po’ meno  igieniste e deodorate, riconoscono i figli dall’odore, come Abramo. L’odore è un alfabeto personale e personalizzante. Oggi la personalizzazione la si cerca attraverso il profumo artefatto. Una persona “di classe” ha il suo profumo personale, e sta bene. Ma, e prima di ogni altra essenza sovrapposta, ciascuno ha un suo personalissimo odore legato al suo corpo, alla sua pelle, ai suoi ormoni, forse alla sua psicologia. In certe antiche zone orientali, quando un sovrano voleva una nuova concubina, dalle province del suo regno si faceva venire sei fanciulle e si facevano danzare  sotto alla canicola estiva. Quando la danza era finita gli abiti madidi venivano portati al re che sceglieva la donna in base alla fraganza  del sudore. Profumo dell’uomo, denso come di more mature, fraganza fresca e lieve dei prati, odore forte della terra crepitante, aroma severo delle pinete, sapore amaro delle gemme verdi. E i profumi non debbono essere lontani dalla preghiera, se nelle liturgie orientali, se ne fa grande uso e se anche da noi l’incenso inodora le chiese. Ricordiamo la sensibilità di Caterina da Siena che, di fronte alla morte di Nicolò di Tuldo, non trova voce più significante: “io allora sentivo un giubilo e un odore del sangue suo, e non era senza l’odore del mio”: espressione di una terribile sensualità, nella quale entrano tutti i messaggi del corpo, fatti messaggi dello spirito, in una perfettissima armonia.  Porsi in ascolto degli odori, porsi all’ascolto dei sapori, ad essi così strettamente collegati, porsi in ascolto della fisicità significa anche porsi in ascolto dell’anima di Dio.

Adriana Zarri
 trattto da "teologia e antropologia della preghiera"

Nessun commento:

Posta un commento