venerdì 2 gennaio 2015

Con acque sempre nuove



Io non ho mai amato molto Signore, questa  sagra festaiola del capodanno che assume spesso toni sbracati e goffi, però con qualche punta di poetica inventiva come quando, in certe zone d’Italia , si gettano dalla finestra i cocci vecchi, quasi  a significare la fine delle stanchezze e delle usure e celebrare l’inizio della novità.
Ecco, Signore, ciò che può dirci una festa in se stessa banale perché in qualche modo, artificiosa. Cosa infatti si celebra?
La fine di una ellisse astronomica che non finisce e non comincia, non ha punti privilegiati, stacchi, angoli o spigoli come altre figure geometriche . Un ellisse, come un cerchio, è una linea continua che mal si presta alle scansioni .
Ogni punto è uguale all’altro, in un flusso continuo e senza onde; ogni giorno è il primo giorno e l’ultimo; ogni giorno è San Silvestro e ogni giorno e capodanno. Ciò nonostante noi di scansioni abiamo pur bisogno; non abbiam fiato sufficiente per correre senza fermarci mai.
E’ una fine e un inizio, è una sorta di sosta psicologica.
Anche se artificiosi non importa: rispondono a una nostra necessità reale che si fa pura utilità burocratica e scandisce il gran giro continuo con una ricorrenza che, pur nella sua banalità,finisce per esserci cara.
Ma se dovessi, al di là della psicologia e della burocrazia, darle un senso profondo la chimaerei, Signore, la festa degli inizi. E allora, in questo senso, è una gran festa perché dice la novità perenne della vita che mai si consuma e ripete ma fluisce continua come un’ellisse , come un gran fiume con acque sempre  nuove. E noi ci tuffiamo in questo corso ricordando, almeno a capodanno, che tutto è nuovo, anche ciò che par vecchio perché l’abbiam vissuto tante volte; ma ogni volta era  nuovo, come la prima e l’unica.
Ebbene, Signore in questa festa noi ti chiediamo questo dono: di essere noi pure nuovi per vivere questa perenne novità.
·        Scrostaci, o Dio, la triste polvere dell’abitudine, della stanchezza, del disincanto;
·        dacci la gioia di svegliarci, ogni mattino, unico e diverso da ogni altro. Con mani nuove per toccare  le cose e riceverne quasi l’impronta sulla carne.Con curiosità perenne, con stupore incontaminato.
·        Facci svegliare di primo mattino dicendo: “ Che gioia, Signore, ho avuto un nuovo giorno da vivere” e coricare la sera pensando: “ Ho davanti una notte, tutta compatta e silenziosa, per  concentrarmi e pregare e anche dormire; questo arrenderci dolce in una fossa che è il preludio dell’alacre risveglio e della rinascita nel domani”.
·        Distruggi in noi la stanchezza del ripetuto nella coscienza dell’inedito in cui siamo perennemente immersi.
·        Fammi capire che non ripeto mai nulla ma che ricreo, di volta in volta, pure nei gesti infimi, qualche cosa di nuovo e irripetibile che non potrò più replicare: un’occasione unica da cogliere o da perdere. E se la colgo vi resterà per sempre: inscritta  nella mia storia  e nella mia eternità. E se la perdo non la ritroverò mai più quell’occasione  persa e irrecuperabile. Ne troverò certo altre, perché il tuo amore è senza fine; ma quella ormai non più.
Tutto è nuovo, Signore, e niente è ripetuto, niente vecchio: solo noi siamo vecchi se non ci accorgiamo della novità e ci adagiamo sulle cose pensando che siano “sempre quelle”, mentre non sono mai “quelle”. Sono altre, uscite nuove, la prima volta, dal tuo amore e cadute, la prima volta, nelle nostre mani. Fa , o Signore, che ne riconosciamo la novità e le viviamo nell’entusiasmo e nella creazione.
Che questo giorno festaiolo, banalizzato dai troppi panettoni, sia il richiamo alla perenne novità.
Domani, due gennaio, è un altro capodanno: la terra prosegue nel suo giro inesausto che abbiamo interrotto, in maniera fittizia, noi che siam fatti di scadenze e abbiamo il fiato corto.
Questa sorta di innocente finzione ci serva almeno per celebrare la grande festa degli inizi, per stare, Signore, davanti alla tua faccia sempre nuova senza soste e stanchezze, rapiti e stupiti come nel primo giorno.

Adriana Zarri
Tratto da quasi una preghiera.


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