venerdì 18 settembre 2015

Gelosia, invidia



Molto si estende la rovina, molteplice e tristemente feconda, della gelosia.
E` la radice di tutti i mali,
la sorgente delle stragi,
il vivaio dei delitti, la sostanza delle colpe.
Da lei sorge l`odio,
da lei procede l`animosità.
La gelosia infiamma l`avarizia, perché non può essere contento del suo, chi vede l`altro piú ricco di sé.
La gelosia eccita l`ambizione, se si vede qualcuno maggiormente onorato.
Quando la gelosia accieca il nostro senso e soggioga al suo potere l`intimo della nostra mente, si disprezza il timore di Dio, si trascura l`insegnamento di Cristo, non si pensa al giorno del giudizio.
La superbia si gonfia,
la crudeltà si esacerba,
la perfidia si erge,
l`impazienza si scuote,
furoreggia la discordia e ferve l`ira;
e chi è in potere altrui non può piú reggere e reprimere sé.
Si rompe cosí il vincolo della pace donataci dal Signore,
si viola la carità fraterna,
si adultera la verità,
si scinde l`unità,
ci si getta nell`eresia e nello scisma,
si disprezzano i sacerdoti,
si invidiano i vescovi -lamentandosi di non essere stati nominati al posto loro - e si sdegna di riconoscere i propri superiori.
Cosí ricalcitra e si ribella chi è superbo per l`invidia e pervertito dalla gelosia: chi è nemico, per animosità e livore, non dell`uomo, ma della sua dignità.
Ma quale tignola per l`anima, quale muffa per il pensiero, quale ruggine per il cuore, invidiare in altrui, o la sua virtù, o la sua felicità, odiare cioè in lui o i suoi meriti, o i benefici divini, convertire in male proprio il bene altrui, esser tormentati dalla prosperità dei ricchi, far propria pena della gloria degli altri, e radunare quasi nel proprio tetto i propri carnefici, farsi cioè torturare dai propri pensieri e dai propri sensi, lasciarsi da loro lacerare con sofferenze profonde, strappare a brani l`intimo del cuore con le unghie del rancore.
In tale stato non si può gustare cibo o apprezzare bevanda: e si sospira sempre, si geme e ci si duole; mai gli invidiosi depongono il loro livore, giorno e notte il loro petto è internamente lacerato senza posa.
Gli altri mali hanno un termine e ogni sentimento delittuoso, una volta compiuto il delitto, si placa... ma l`invidia non ha termine: è un male sempre vivo, un peccato senza fine; piú chi è oggetto di invidia avanza e ha successo, piú l`invidioso arde in un maggiore fuoco di gelosia...
Perciò il Signore, preoccupandosi di questo pericolo e che nessuno incappasse nel laccio mortale dell`invidia contro i fratelli, interrogato dai suoi discepoli chi tra loro fosse maggiore, disse:
"Chi sarà il minimo fra tutti voi, costui sarà grande" (Lc 9,48).




(Cipriano di Cartagine, De zelo et livore, 6-7)

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