giovedì 11 ottobre 2012

Bisogna imitare Cristo in tutto per essere degni delle sue promesse


 Vi saluto, fratelli carissimi, mentre vi esprimo il desiderio di godere anch'io della vostra
presenza. Ma le condizioni del luogo non mi permettono purtroppo di raggiungervi.
 Che cosa di più desiderabile e di più lieto mi potrebbe accadere di essere unito a voi, stretto
dalle vostre mani che, innocenti e fedeli a Cristo, hanno respinto i sacrifici sacrileghi? 
 Cosa di più gioioso e di più sublime del baciare ora le vostre labbra che hanno confessato ad
alta voce il Signore, dell'essere visto dai vostri occhi, i quali, sprezzando il mondo, sono diventati  degni di vedere Dio?
 Ma poiché non mi è concesso di partecipare a questa letizia, mando in mia vece agli orecchi
e occhi vostri questa lettera; in essa mi rallegro e vi esorto a perseverare forti e saldi nel rendere testimonianza alla gloria celeste. Siete entrati nella via dell'onore del Signore, e vi avviate ora con  spirituale vigore alla corona, seguendo come protettore e guida il Signore che disse: «Ecco, io sono  con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).  O prigione beata, nobilitata dalla vostra presenza! O carcere beato, che avvia al cielo uomini di Dio! O tenebre più splendenti del sole e più luminose della luce di questo mondo, dove ora sono
eretti i templi di Dio e le vostre membra santificate dalle testimonianze divine!
 Non ci sia ora nei vostri cuori e nelle vostre menti altro che  i divini precetti e i celesti
comandamenti, con i quali lo Spirito Santo sempre vi anima a sopportare il martirio. Nessuno pensi  alla morte, ma piuttosto all'immortalità; né pensi alle pene provvisorie, ma alla gloria eterna,  essendo scritto: Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli (cfr Sal 115, 15); e ancora: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50, 19).
 E ancora, la divina Scrittura parlando dei  tormenti che consacrano i  martiri di Dio e li santificano con la prova stessa del martirio dice: «Anche se agli occhi degli uomini subiscono
castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Governeranno  le nazioni e avranno potere sui
popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro» (Sap 3, 4. 8).
 Quando dunque pensate che un giorno giudicherete e regnerete con Cristo Signore, dovete
esultare e calpestare nel gaudio del futuro i supplizi presenti, sapendo che è stato stabilito fin dalle  origini del mondo che la giustizia soffra qui nell'urto con il mondo del male. Rientra in questo piano il fatto che già fin dall'inizio venne ucciso Abele, il giusto, e che, in seguito, subirono la stessa sorte tutti i giusti destinati a una missione, così i profeti e così gli apostoli.
 A tutti costoro il Signore si è fatto modello, insegnando che al suo regno non giungeranno se
non coloro che lo avranno seguito nella sua via. Disse infatti: Chi ama la sua vita in questo mondo la perde. E chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna (cfr Gv 12, 25). E ancora: «Non abbiate paura di  quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere  l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10, 28).
 Anche Paolo ci esorta perché noi che bramiamo di raggiungere le promesse di Cristo,
imitiamo il Signore in tutto. «Siamo, disse, figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze, per partecipare anche alla sua gloria» (Rm 8, 17)

Dalle « Lettere » di san Cipriano, vescovo e  martire
(Lett. 6, 1-2; CSEL 3, 480-482)

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