mercoledì 5 febbraio 2014

La luce



Prima di sapere cosa sia la luce, godiamola.
Il cielo, nell'alba, al solo presentirla, se ne ingiglia  intanto che le ultime stelle nell'imminenza del prodigio, muoiono ad una ad una.
Poi un fiume d’oro dalla lontana scaturigine del sole, resosi invisibile, irrompe su la Terra, e si sente che scroscia giù dalle vette dei monti rimbalzando pei fianchi poderosi sino a riempirne le valli donde riesce per trovar foce laggiù nel tremolare della marina. Il vento che s’alza raccoglie il mistero di tale musica e la diffonde dappertutto.
Questa grande chiarità, quest’immensa palpitazione solare, nella quale e per la quale viviamo, deve portare un’eco di miracoli, giacche non v’è cosa che nel bagnarsene, non se ne santifichi: riguardate le vette delle montagne colpite dal primo raggio e ditemi se non vi assalga il dubbio che su quelle rupi, fattesi d’improvviso trasparenti, non sia piuttosto poggiato qualche cosa di sovrumano, una piovente dall’alto benedizione divina.  Che qualche vetta sia nera di boscaglia, voi vedrete attorno ad ogni chioma d’albero note di santità in raggiare d’aureola.
Non ci siamo mai chiesti perchè l’acqua nell’accoglierla  in sè diventa cielo: ma se ci siamo arricchiti (e quale ricchezza!) della visione del mare che si dona alla luce del giorno o di quella di un corso di fiume appena esca da un gomitolo umbrattile, la domanda ha già la sua risposta: l’acqua si crisma nella luce.
Le cose non se ne ammantano soltanto in veste di bellezza: ne vivono.
Quella luce che, ora cribata, tra le erbe alte del grano, fluttua a fior di terra come un liquido azzurr, è la stessa che intervenne a trarle da sotterra, a farle crescere ed a renderle capaci della spiga. Non è solo una sollecitazione, ma un creare di sostanze nuove e di fermenti che disciolgono il germe, elevano il culmo, costruiscono falda a falda  il chicco e ciascuna falda con speciali qualità nutritizie come se la luce fosse venuta
sapendo il nostro bisogno di pane.
La luce governa il salire, il fiorire e sorregge  il palpito del canto.
Non v’è aprirsi mattutino di gemma che non sia voluto dalla luce, che poi si attarda ad ingioiellare il fiore ed a guidare l’ape su di esso.
Sopra qualsiasi fascia della Terra tutto ciò che respira vien modulato dalla luce. Guardatela come s’indugia attorno ai nidi e come s’intermette tra i fili del bozzolo.
Basta un ultima rifrazione di un pò di sole in acque profonde perchè le valve delle conchiglie che s’aprono a carpirla si facciano madreperlacee e si maturi la perla; e, se un frutto, distaccato dal ramo, continua tuttavia a insoavirsi, è per quel che ancora ritiene d’una carezza solare. Un barlume, trattenuto tra ali chiuse di farfalle, le fa vivere.
Antonino Anile

(da:  Bellezza e verità delle cose, Vallecchi, Firenze)




Nessun commento:

Posta un commento