domenica 13 aprile 2014

Il credere e far teologia



E quell'intreccio, tra Il credere e far teologia , cominciò a tessersi in quei giorni lontani e solitari, al solo cospetto dei cieli: cieli astronomici (giorni gonfi di nubi, notti tremanti di stelle) e i cieli simbolici (il Padre che abita nei cieli e che parlava dentro, in un mio cielo piccolo e tuttavia più grande dell’immenso orizzonte).
Sconfinatezza della pianura piatta, in cui vedi il globo della terra rotolare nel cielo; e il sole ti viene incontro, la mattina , enorme e come ll rame opaco , per la velatura delle nebbie: un paesaggio senza ostacoli che prediligo tra tutti perché ci son nata, perché è mio e impastato con me e che ho poi caricato di valori simbolici: l’illimitato che si raggiunge nei limiti segnati dai filari delle viti, il quotidiano e l’ordinario , rispetto alla grandiosa dimensione romantica ed eroica della montagna, la dolcezza, più che la forza di Dio-Emanuele.
Come si vede la teologia già s’impastava con la terra: un Dio non totalmente altro ma piuttosto parente; e che parla con noi , e noi possiamo incontrare nelle sere, come i mitici due, nel giardino dell’Eden, nell’ora della brezza vespertina.

tratto da Teologia del quotidiano capitolo primo

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