E quell'intreccio, tra Il credere e far teologia , cominciò a
tessersi in quei giorni lontani e solitari, al solo cospetto dei
cieli: cieli astronomici (giorni gonfi di nubi, notti tremanti di
stelle) e i cieli simbolici (il Padre che abita nei cieli e che
parlava dentro, in un mio cielo piccolo e tuttavia più grande
dell’immenso orizzonte).
Sconfinatezza della pianura piatta, in
cui vedi il globo della terra rotolare nel cielo; e il sole ti viene
incontro, la mattina , enorme e come ll rame opaco , per la velatura delle nebbie: un paesaggio senza ostacoli che prediligo tra tutti
perché ci son nata, perché è mio e impastato con me e che ho poi
caricato di valori simbolici: l’illimitato che si raggiunge nei
limiti segnati dai filari delle viti, il quotidiano e l’ordinario ,
rispetto alla grandiosa dimensione romantica ed eroica della
montagna, la dolcezza, più che la forza di Dio-Emanuele.
Come si vede la teologia già
s’impastava con la terra: un Dio non totalmente altro ma piuttosto
parente; e che parla con noi , e noi possiamo incontrare nelle sere,
come i mitici due, nel giardino dell’Eden, nell’ora della brezza
vespertina.
tratto da Teologia del quotidiano capitolo primo
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