mercoledì 2 aprile 2014

Il digiuno



Un tempo Signore, la quaresima era un tempo di digiuno, dovrebbe esserlo anche oggi, sebbene la disciplina si sia  molto attenuata.
Ma il digiuno non è soltanto quello della mensa: è il distacco dal piacere, dal potere, dalla ricchezza, dall’ambizione dall’ ambizione, è il digiuno di tutto; e direi anzi che il digiuno dai cibi è il più superficiale e il più banale; così come la golosità è un peccato da bambini che rubano la marmellata. 
Ben altri sono i furti del potere!
Prendiamo perciò il digiuno a simbolo di tutte le astinenze, di tutti i distacchi e le rinunce; e non solo dal male ma anche dai beni.
Ma perché Signore, tu ci domandi di prendere le distanze da quei beni che pure sono stati creati da te?
Non certo soltanto per farci esercitare un ascetismo fine a se stesso. 
Il digiuno per sé, non è un valore. Se quindi ci esorti a praticarlo dev’essere in vista di qualche cosa d’altro.
E questo “altro” non potrebb’essere proprio il lieto godimento della mensa?
La fruizione libera e serena dei beni della terra e della vita?
Perché al contrario del digiuno, la mensa sembra sì un valore, tanto da poter essere scelta come l’umana ambientazione della tua venuta eucaristica e assunta a metafora del Regno.
La convivialità: il cordiale sedersi degli amici a un rito di partecipazione, dove il cibo è di tutti e per tutti: e ciascuno ne accinge secondo il bisogno e il desiderio. Ecco, Signore, dei valori che abbiamo dimenticati.
Tu, no, Signore; tu li coltivasti: e ti sedevi volentieri a tavola; al punto che i maligni ironizzavano su quella tua lieta convivialità, paragonandola al severo digiuno del Battista.
Ed ecco qua il digiuno che torna ad intrigarci.
Se la mensa è un valore, perché contraddirla con questa pratica inopportuna?
Eppure non soltanto il Battista – un profeta che tu stimavi ed elogiavi- ma tu stesso ci hai dato degli esempi di questa severa astinenza.
Non sarà forse che essa non contraddice ma salvaguardia la convivialità ?
Se infatti il commensale è goloso, tenta di appropriarsi di quanto più cibo può, a scapito degli altri; perde la libertà e la cordialità dell’amicizia: diventa un capitalista della mensa, asservito alla propria cupudigia.
E se, dilatando il concetto del digiuno, dilatiamo anche l’ambito di questa cupida avarizia, ben presto comprendiamo quanto sia devastante la mancanza di un’autodisciplina.
Questa autodisciplina è appunto il digiuno.
Digiuniamo per imparare a mangiare, e ci esercitiamo nel distacco per poter essere capaci di fruire liberamente di tutti i beni della terra.
E adesso cominciamo a comprendere perché il digiuno sia importante; perché è importante la mensa; perché il distacco è necessario: perché è necessario saper gioire delle cose, liberamente possedendole, senza venirne posseduti.
Oggi si guarda con preoccupazione a quelli che chiamiamo tossicodipendenti, la cui dipendenza dalla droga li asservisce a tal punto da togliere loro la libertà di scegliere.
Ma le droghe sono tante, le dipendenze sono tante e gli asservimenti sono tanti.
 Magari meno vistosi, ma non meno perniciosi. Spesso di più.
E certo fa meno danni un ragazzo asservito alla droga che un capo d’industria asservito dal denaro o un politico asservito al potere, che a quel denaro e a quel potere sacrificano la vita di milioni di uomini.
Ecco allora il digiuno ricordato dalla quaresima: questo periodo di severità che prepara alla gioia della Pasqua.
Dacci Signore, di comprendere quanto siano buoni e godibili i beni creati da te; e quanto perciò sia necessaria quella interiore disciplina che ci consente di servircene, senza venirne asserviti, di goderne liberamente e lietamente, senza sottrarli agli altri. Facci capire cosa significa “perdere la propria vita” .
Significa trovarla e allora la disciplina a si chiama questo periodo dell’anno non sarà masochista, ma sarà una pedagogia della letizia; un libero e volenteroso esercizio di libertà, in vista del banchetto della vita, del banchetto eucaristico, del banchetto pasquale, del banchetto celeste.

 capitolo tratto da "Quasi una preghiera"  : 
"La vista del banchetto della vita"
 di  Adriana Zarri 

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