martedì 6 maggio 2014

Quando son lunghe le giornate


Quando son lunghe le giornate, a maggio
mi piace dolce canto d'uccelli di lontano,

e quando me ne sono dipartito
mi rimembro un amore di lontano.
Vado crucciato in cuore ed avvilito, 
sì che canto né fior di biancospino.


M'aggrada più dell'inverno gelato.
Giammai d'amore non prenderò gioia
se non di quest'amore di lontano,
ché più bella non so, né più valente, 
in nessun luogo, vicino o lontano.
Tanto suo pregio è verace e perfetto
che laggiù, nel reame dei Saraceni,
io bramerei, per lei, essere schiavo.

Triste e gioioso me ne partirò, 

se vederlo mai possa, l'amore di lontano,
ma non so quando alfine lo vedrò,
ché i nostri paesi son troppo lontano:
lungo è il viaggio, per terra e per mare,
e non posso perciò far previsioni; 
ma così sia tutto come Dio vuole.

Ben conoscerò gioia, quando le chiederò

per amore di Dio l'ospizio di lontano,
e se a lei piace, sarò ospitato
vicino a lei, benché sia di lontano. 
Allora si parranno i cortesi conversari,
quando amante lontano sarà così vicino
che di belle parole godrà conforto.


Ben tengo per verace il Signore

per cui vedrò l’amore di lontano; 
ma per un bene che me ne tocca,
soffro due mali, tanto m’è lontano.
Ah! foss’io là pellegrino,
sì che il mio bordone e il mio saio
fossero mirati dai suoi occhi belli.


Dio che tutto creò quanto viene e va

e formò questo amore di lontano,
mi dia, potere come io ne ho volere
che veda questo amore di lontano,
per davvero, e così intimamente
che la camera e il giardino
abbiano sempre a sembrarmi una reggia.

Dice il vero chi ghiotto mi chiama

e bramoso d'amore di lontano:
niun'altra gioia tanto mi piace.
Come gioire d'amore di lontano.
Ma ciò che vorrei m'è negato,
ché tal sorte gettò su me il mio padrino:
ch'io amassi senz'essere amato.


Ma ciò che vorrei m'è negato.

Maledetto sia sempre il padrino
che mi gettò la sorte di non essere amato.



Jaufre Rudel

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