mercoledì 10 febbraio 2016

Meraviglie della polvere

Persino la polvere che è sotto i tuoi piedi è troppo alta per la tua ricerca. 
E se ciò, dunque, che è sotto di te, è troppo alto per te, come vorrai tu raggiungere quello che ti sta sopra? 
Se la polvere, cui sei pari di nascita, dalla quale sei stato tratto, ti è incomprensibile, come vorrai tu scrutare la divina maestà? 
E’troppo al di sopra della tua indagine. 
A vederlo, il suolo è semplice e meschino, eppure si presenta tanto complicato all’indagine.
E’unico, ma non è semplice: 
è ricco infatti di innumerevoli prodotti.
E’un grembo, umile e insignificante, che produce innumerevoli beni;
 è un forziere di ben poco valore, che tuttavia porge preziosi, senza numero. 
Il suolo partorisce e fa figli che sono da lui completamente diversi, e, a guardarli, non sono simili neppure tra di loro. 
Dal suo interno, tanto insignificante, nascono per noi meraviglie; dal suo interno, tanto meschino, sprizzano per noi ricchi tesori.
Tutto proviene da uno, perché dalla terra tutto esce.
La polvere della terra è, per sé, nemica di ogni senso:
 è un danno nel condotto uditivo,
è un disturbo negli occhi; intoppa le porte dell’udito, conturba la luce del volto.
Non è buona a nessun uso, eppure è la sorgente di ogni bene. 
Quantunque non sia adatta ai nostri usi, da lei ci viene tutto quello che è utile.
E’ostile a chi ha fame (perché non è commestibile) ed è la tavola degli affamati. 
La polvere è dannosa nella bocca, è il nutrimento del serpente maledetto; eppure per castigo divenne cibo del serpente, ma per misericordia la tavola di tutti.
Non è utile a chi mangia, eppure dispensa ogni alimento.
Danneggia chi guarda, eppure ci dona tutte le erbe medicinali. Disturba gli occhi, eppure apre gli occhi dei ciechi

 (cf. Gv 9,1ss); né da sé né come nutrimento ha qualche utilità.
Orsù, dunque: tu che osservi tutto ciò, ammira i tesori che la terra ci dona. 
E’ magra, ed è la fonte di ogni grasso;
è secca, e fa scaturire per noi le sorgenti. 
Dal terreno, che per sua natura è debole, ci viene il ferro e il metallo.
A guardarlo, è ben povero, eppure sprigiona oro e argento. 
E’ il tesoriere degli uccelli, la casa della selvaggina, la grande dispensa che nutre tutti: gli animali, i rettili, gli uomini.
Eppure vi è una cosa di più mirabile ancora, nel grembo della polvere, cosa che per la sua poca apparenza non la si osserva. 
Nel terreno crescono in pace, vicine tra di loro, le varie radici: presso quella dolce, quella amara; presso quella salutifera, quella mortale.
Dalla terra viene l’amaro del veleno, e dalla terra viene la dolcezza del medicinale. 
La radice amara raccoglie il suo veleno, senza che penetri in essa nulla di dolce; quella dolce raccoglie la propria soavità, senza comunicarla alle radici che la circondano.
Come può dunque questa polvere, tanto sprezzata, operare la crescita di ciascuna?

Ai frutti dona il loro sapore, e insieme il loro colore;
ai fiori il profumo e lo splendore.
Ai frutti procura saporosità, alle radici aroma. 
Alle infiorescenze dona beltà e riveste i fiori di magnificenza. E’ l’artista dei semi: intreccia il frumento per farne spighe, ne rinforza lo stelo con nodi, quasi come travature di un edificio, perché possa sostenere il frutto e resistere al vento. 
Quante mammelle ha la terra, e ciascuna ricca di umore! 
E’ stupendo che ne abbia tante, quante sono le radici, e che nutra quelle amare e quelle dolci, ciascuna a suo modo! E’stupendo che sia unico il seno da cui tutti i frutti provengono: da esso succhiano le radici e i frutti, quelle amare e questi dolci. 
Negli uni aumenta così la dolcezza, negli altri invece l’amarezza.
Se ciò è notevole nelle cose tra di loro separate, lo è molto di più in quelle che sono tra di loro strettamente connesse.

Lo stesso umore nella stessa pianta assume proprietà diverse. 
Così per esempio i frutti sono dolci, le foglie amare; anzi, il frutto, prima di maturare, è ancora molto amaro.
E’un esempio questo per i penitenti, i quali, alla fine, saranno dolci e accetti.
Se dunque la polvere, che tu pesti con i piedi, ti confonde, se ben la consideri, come potrai tu indagare la maestà di colui che ti sconcerta perfino con le sue opere più umili? 

Nulla ti appare più spregevole della polvere, nulla più povero di un tuo capello.
La polvere disprezzata è sotto di te, eppure tu non ne comprendi la grande ricchezza. 
Così i capelli sul tuo capo ti sconfiggono, perché tu non ne afferri né la natura, né il numero. 
Del mare e degli abissi, del cielo e degli astri non voglio neppure parlare. 
Il Creatore ti ha posto in mezzo a due creature tanto spregevoli: quella che ti sta sopra il capo (cioè i capelli) ti flagella, affinché tu non osi scrutare troppo l’Altissimo; quella che ti sta sotto i piedi (cioè la polvere) ti ammonisce di non voler misurare l’altezza eccelsa: con queste due povere creature ti ammaestra il Signore del creato. 
Frena dunque la tua temerarietà e non osare di affrontare il mistero! 

Da: La fede, 1,7-10

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